31.5.17

ROAD TO JAPAN: Yoshiaki Komai (駒井 善成)

Buongiorno a tutti e benvenuti al quinto numero di "Road to Japan", la rubrica che ci consente di visionare il maggior numero di talenti presenti nel panorama nipponico. Oggi ci spostiamo a Saitama, dove gli Urawa Reds stanno facendo una gran stagione. Merito degli esterni: se di Ugajin e Sekine abbiamo già parlato in episodi precedenti, oggi lo spazio tocca a Yoshiaki Komai.

SCHEDA
Nome e cognome: Yoshiaki Komai (駒井 善成)
Data di nascita: 6 giugno 1992 (età: 24 anni)
Altezza: 1.68 m
Ruolo: Esterno destro, ala
Club: Urawa Red Diamonds (2016-?)



STORIA
Nato a Yamashina-ku (municipio nella parte sud-est di Kyoto, quasi al confine con la prefettura di Shiga), Yoshiki Komai ha frequentato la Dodo Elementary School, dove incrociò - non sapendolo - Takashi Usami, un altro promettente ragazzo della leva '92. L'ex Gamba Osaka dirà un decennio più tardi di lui: «Quando lo sfidai per la prima volta, fui scioccato: mi impressionò».
Cresciuto nel Kyoto Sanga, vi è entrato nel 2005 e non è più uscito dai suoi ranghi. Con i suoi giovani compagni - tra cui Yuta Ito, Takumi Miyayoshi, Riki Harakawa e Yuya Kubo - fece brillare il vivaio del club, che aveva un futuro promettente con questi ragazzi. Il progetto non si è potuto realizzare, ma ciò nonostante rimane l'ottimo lavoro fatto dal Sanga nella crescita dei propri giovani.
Tra di essi, Komai fu uno dei primi a esordire: il Kyoto Sanga non ha più fatto ritorno in J1 dal 2010, ma l'ala ha esordito la stagione successiva. La decisione del club fu chiara: dare al tecnico Takeshi Oki giovani da coltivare, con la speranza di tornare in J1 una volta che fossero maturati. E il 2011 regalò un'immediata soddisfazione, con il raggiungimento della finale della Coppa dell'Imperatore, tutta in salsa J2 (vinse il FC Tokyo 4-2).
Tuttavia, quella generazione fornirà diversi giocatori al calcio giapponese, senza però veramente incidere sul destino del Kyoto Sanga. Il club raggiunge i play-off due volte dopo due terzi posti e nel 2013 arriva in finale, salvo perderla contro lo sfavorito Tokushima Vortis. Pur essendo diventato capitano a 22 anni e provando tanto amore per il club, Komai capisce che è il momento di partire dopo il 17° posto del 2015.
Nonostante il pubblico si muova per trattenere il capitano (nativo della regione), Komai conferma l'addio: «Ci ho pensato a lungo, ma credo sia il momento giusto per andare». La scelta è Saitama, sponda Urawa Reds, dove il gioco di Petrovic potrebbe vederlo tagliato fuori. In realtà, Komai si adatta velocemente e anzi si rivela una preziosa scelta a gara in corso (è subentrato in ben 18 partite durante il 2016).

CARATTERISTICHE TECNICHE
A Kyoto lo chiamavano "Genius Dribbler", proprio perché le sue abilità nel dribbling sono ben note e sono state rifinite nel lungo periodo di Kyoto, durante il quale ha giocato da ala e ha spesso puntate le difese avversarie palla al piede. Non solo: il ragazzo è dotato di una velocità fulminante, tanto da raggiungere i 50 metri in 6,5 secondi netti.
A questo si aggiunge una grande duttilità: ha giocato avanti, dietro, in mezzo e soprattutto sui lati. Per via dei tanti cambi tecnici negli ultimi due anni a Kyoto e del nuovo approccio a Saitama, è stato provato in posizioni diverse. Fisicamente deve irrobustirsi, ma è bello vedere un giapponese così duttile a livello tattico. Un punto da migliorare a tutti i costi? Il tiro. Ci prova troppo poco e ha segnato appena sei gol nelle ultime tre stagioni e mezzo.

STATISTICHE
2011 - Kyoto Sanga FC: 28 presenze, 2 reti
2012 - Kyoto Sanga FC: 35 presenze, 7 reti
2013 - Kyoto Sanga FC: 42 presenze, 4 reti
2014 - Kyoto Sanga FC: 42 presenze, 1 rete
2015 - Kyoto Sanga FC: 38 presenze, 4 reti
2016 - Urawa Red Diamonds: 34 presenze, 0 reti
2017 - Urawa Red Diamonds (in corso): 18 presenze, 1 rete

NAZIONALE
Per Komai sarà quasi impossibile farsi strada in nazionale: il reparto esterni - sia in avanti che in difesa - è particolarmente ricco. Nel 4-3-3 impostato da Halilhodzic negli ultimi anni, Komai potrebbe ricoprire il ruolo di esterno d'attacco. Ciò nonostante, la speranza è di vederlo con la Nippon Daihyo almeno per una gara, come premio per quanto fatto sinora in carriera.

LA SQUADRA PER LUI
Ho sempre fatto discorsi d'acquisto relativi all'età e alle caratteristiche tecniche; qui, invece, voglio passare a quelle tattiche. Ci sono pochi giocatori che a quasi 25 anni hanno giocato in così tanti ruoli, disimpegnandosi bene quasi ovunque in mezzo al campo. Komai è uno di quei jolly che non si trova spesso e che può cambiare l'inerzia anche a gara in corso.

29.5.17

UNDER THE SPOTLIGHT: Rodolfo Pizarro

Buongiorno a tutti e benvenuti al quinto numero di "Under The Spotlight", la rubrica che cerca di scoprire i talenti in giro per il mondo. Siamo in ritardo rispetto alle solite scadenze (solitamente questo spazio è a metà mese), ma abbiamo fatto un'eccezione per un talento messicano, reduce da un importante cambio di maglia: Rodolfo Pizarro.

SCHEDA
Nome e cognome: Rodolfo Gilbert Pizarro Thomas
Data di nascita: 15 febbraio 1994 (età: 23 anni)
Altezza: 1.73 m
Ruolo: Trequartista, esterno destro di centrocampo
Club: Guadalajara (2017-?)



STORIA
Nato a Tampico (sulla costa nord-orientale dello stato), il piccolo Rodolfo crescse in una famiglia di calciatori e quindi il suo legame con il pallone è in realtà molto precoce. Entrato nelle giovanili del Pachuca (club per il quale deve spostarsi più in là sulla costa orientale), non ne uscirà più e ne diventerà protagonista.
Già a 18 anni colleziona il suo esordio, ma il Pachuca non è un club di testa nella Liga MX, anzi: galleggia a metà classifica. Ciò nonostante, è il contesto ideale per crescere e svilupparsi senza fretta: fatica un po' a trovare la rete (appena tre reti nelle prime tre stagioni da pro), ma il tecnico uruguayano Diego Alonso riesce a limare questa debolezza.
E così il 2015-16 è l'anno dell'esplosione, sua e della sua squadra: il Pachuca arriva secondo nel Clausura 2016 (il girone di ritorno della Liga MX) e va giocarsi il titolo nella finale contro Monterrey, vincendo con un complessivo 2-1. Intanto, Pizarro arriva finalmente a sette reti stagionali, riuscendo a superare in una stagione i suoi limiti.
Normale che qualcuno lo noti, ma non dall'estero: troppo presto. Il Chivas di Guadalajara decide di prelevarlo con una cifra-monstre (14 milioni di dollari!) e lo mette a disposizione di Matias Almeyda, allenatore dei Rojiblancos. Un acquisto avvenuto a metà stagione, mentre il Pachuca s'incammina verso la vittoria della CONCACAF Champions League senza di lui.
In ogni caso, la seconda parte di stagione a Guadalajara l'ha visto ancora più protagonista: 16 presenze, 6 reti e immediatamente due trofei, tra cui il titolo messicano e la Copa MX. Vittorie nelle quali Pizarrin è stato fondamentale, tanto da stupire molti per i progressi e prendersi qualche rivincita dopo un infortunio che l'ha tenuto fuori nel finale di 2016.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Pizarro può essere usato da trequartista o da esterno, anche se forse preferisce l'utilizzo in quest'ultimo ruolo, dove può sfogare al meglio le sue doti, che si rifanno soprattutto a un'ottima visione di gioco: partendo dalla fascia, può sembrare molto incline al dribbling, ma in realtà viene pressato in maniera minore e ha più spazio per i suoi laser pass.
Fisicamente e forse anche atleticamente deve migliorare, perché il ritmo di gioco non è da dinamo (come, per esempio, il suo ex compagno al Pachuca Hirving Lozano), ma Pizarro è dotato anche di buon tiro. Peccato che non lo usi molto, perché spesso lontano dalla porta: Almeyda dovrà lavorare anche su quest'aspetto del ragazzo.

STATISTICHE
2012/13 - Pachuca: 25 presenze, 1 rete
2013/14 - Pachuca: 42 presenze, 0 reti
2014/15 - Pachuca: 47 presenze, 2 reti
2015/16 - Pachuca: 42 presenze, 7 reti
2016/17 - Pachuca: 7 presenze, 0 reti
2016/17 - Guadalajara: 16 presenze, 6 reti

NAZIONALE
Come molti talenti e connazionali, Pizarro è passato per tutta la trafila delle varie Under, arrivando recentemente a esordire in nazionale maggiore. A sorpresa, è stato meno osservato: ha giocato per l'U-23 nelle Olimpiadi di Rio 2016 (è andato a segno nella gara d'apertura contro la Germania) e in generale ci ha messo più tempo per arrivare a certi traguardi.
Il premio di giocare per El Tri è arrivato nel marzo 2014, salvo ritornare in nazionale solo due anni più tardi: per ora lo score è fermo a sei presenze e una rete, quella al Senegal in un'amichevole. Tuttavia, se la crescita sarà la stessa vista a Guadalajara, non è da escludere che possa esserci un posto per lui sull'aereo che porterà il Messico in Russia nel 2018.

LA SQUADRA PER LUI
Ovviamente sarà difficile strapparlo in maniera immediata al Chivas di Guadalajara, visto che la stagione si è conclusa positivamente e il ragazzo ha bisogno di limare alcune debolezze. Tuttavia, nulla impedisce di comprarlo e lasciarlo in prestito per un anno in Messico. In Liga farebbe le fortune di molti.

18.5.17

Inaspettato, ma bellissimo.

Un 2-0 contro il St. Etienne, in un recupero nel quale bastava un punto per chiudere il discorso: così il Monaco interrompe la supremazia del Paris Saint-Germain e si aggiudica la Ligue 1, l'ottavo titolo della sua storia. Erano 18 anni che non si alzava il trofeo al Louis II e Leonardo Jardim ha vinto il titolo di manager dell'anno in Europa (sempre che Allegri non vinca la Champions...).

Il Monaco festeggia a fine gara la vittoria della Ligue 1.

Forse nessuno avrebbe scommesso su una Ligue 1 così aperta, lo stesso campionato che ha visto trionfare per quattro anni di fila il PSG, creando un dominio molto simile a quello vissuto in Italia con la Juventus. Ma se Roma e Napoli continuano a incagliarsi su diversi ostacoli, prima l'Olympique Lione ha sfiorato il titolo e poi il Monaco se l'è preso di forza, con un gioco spettacolare e fresco.
I 104 gol segnati ne sono la testimonianza: una macchina da guerra capace di strappare quattro punti al PSG, con il fondamentale 1-1 al Parco dei Principi, segnato negli ultimi secondi da Bernardo Silva. Forse è stato uno snodo basico di quest'annata, che ha visto il Monaco in semifinale di Champions League e di Coupe de France, nonché in finale di Coupe de la Ligue.
E pensare che 18 anni fa la squadra che alzò per ultima la Ligue 1 era molto diversa. Il Monaco aveva perso Thierry Henry giusto l'anno prima, mentre David Trezeguet trascorreva l'ultima stagione nel Principato prima di muoversi qualche chilometro più a sud, direzione Torino. Quell'estate il Monaco aveva salutato anche Ikpeba, accogliendo però i giovani Rafael Márquez e Marcelo Gallardo.
Gli avversari PSG e Lione rinunciano all'inseguimento del Monaco nelle ultime giornate: la squadra allenata da Claude Puel - all'epoca un giovane manager alla prima esperienza in assoluto - può contare sui nazionali francesi (Barthez, Sagnol, Giuly) e su un contingente straniero di livello (su tutti Riise, Costinha e soprattutto Marco Simone, bomber implacabile in Francia).
Nonostante 13 punti nelle ultime 10 giornate (un ritmo lento per chi vuole alzare il trofeo), il Monaco si accontenta della vittoria-chiave contro il PSG (1-0 a marca Trezeguet) e vince la Ligue 1 con ben sette punti di vantaggio. La squadra verrà smontata negli anni successivi, ma con Didier Deschamps potrà comunque raggiungere la finale di Champions League nel 2003-04.

Come il Monaco ha riconquistato il titolo dopo 18 anni.

Ci è voluto molto per riportare il Monaco a certi livelli. Anzi, su questo stesso blog, nel settembre 2014 si era temuto che la chiusura dei rubinetti da parte del patron russo Dmitry Rybolovlev potesse abbassare il sipario su qualunque sogno di gloria dei monegaschi. Ma è in quel momento che il proprietario del club monegasco ha fatto la miglior scelta della sua vita.
Leonardo Jardim non è stato mai abbastanza applaudito. Questo è un pensiero che ho fin dai suoi anni allo Sporting Lisbona, caduto in una crisi finanziaria tremenda e che Jardim trascinò di nuovo in Champions League nonostante i debiti. Anche in Grecia ha vinto un campionato, prima che lo ritenessero di troppo per motivi extra-calcistici (si parla di un affair con la moglie del presidente).
In ogni caso, il lavoro del tecnico portoghese è stato mostruoso: una squadra che ha basato la sua risalita sui colpi di mercato è riuscita a trasformarsi prima in una solida corazzata, poi in una formazione da puro spettacolo. E intanto Jardim è riuscito a ottenere due terzi posti, due grandi corse in Champions e il titolo di quest'anno.
Una gioia immensa quella monegasca, giustificata da una stagione oltre i propri limiti. Sapevamo che Jardim fosse un buon tecnico, ma ha fatto una metamorfosi incredibile: questo Monaco è totalmente diverso dal suo primo tentativo, quello del 2014-15, con il club che arrivò ai quarti di Champions con un calcio meno spumeggiante e più pragmatico.
E poi ha un che di poetico che l'ultimo gol per garantirsi il titolo sia arrivato da Valère Germain. Insieme a Subasic e Raggi, uno dei pochi rimasti da quei giorni trascorsi in Ligue 2, ad annaspare nelle torbide acque della seconda divisione. Anzi, l'anno scorso Germain aveva persino dovuto emigrare per emergere; ritornato alla base, è stato utilissimo e prezioso.
Tutto questo senza menzionare l'enorme patrimonio che il Monaco ha fatto maturare in questa stagione: da Fabinho (stella di cui non si parla abbastanza) a Jemerson, da Mendy a Sidibé, da Lemar a Carrillo, passando per le due stelle principali che potrebbero lasciare il Principato in estate. Se la partenza di Bernardo Silva non è neanche in discussione (United?), Kylian Mbappé farebbe bene a rimanere dov'è. Tanto ci pensa Jardim.

Leonardo Jardim, 42 anni, l'uomo dei miracoli nel Principato.

9.5.17

L'innominato.

A 22 anni, la sua carriera sembrava destinata al nulla. Uno dei tanti giovani che non trovano spazio, nonostante un talento coltivato in silenzio e il patrocinio del Manchester United, dov'è cresciuto. Eppure Tom Heaton non si è mai arreso e ha lavorato per arrivare dov'è ora: capitano del Burnley, membro della nazionale inglese e uno dei migliori portieri europei di quest'annata.

Heaton è arrivato al Burnley nell'estate 2013.

Da piccolo era indeciso sul da farsi, alternandosi tra porta e centrocampo, finché non è arrivato il Manchester United. All'epoca era un giovane del Wrexham, vecchia gloria del calcio inglese con sede in Galles; Tom viene scelto e si trasferisce nel sistema giovanili dei Red Devils, dove fa da back-up a Luke Steele (mai una gara in Premier League, oggi in Grecia).
Per sette anni, Heaton graviterà in orbita United, rimanendo di proprietà del Manchester: uscito dalle giovanili, è diventato il titolare delle riserve, per poi partire per un lungo tour. Heaton ha giocato in prestito con Swindon Town, Cardiff City, QPR (per tre mesi, un emergency loan), Rochdale e Wycombe. In totale, 73 partite giocate, ma zero con lo United.
A un certo punto, il portiere sente che andar via è la mossa giusta: «L'atmosfera si è infiammata per un paio di minuti (con Ferguson, ndr). Ho passato un periodo tremendo allo United: sono arrivato a 11 anni e, nonostante tutti gli sforzi fatti su di me, me ne stavo andando a parametro zero. In fondo, sapevo che era la decisione giusta. Ma Ferguson ha capito: è stato bello vedere che ha capito la mia decisione».
Libero da qualunque vincolo, Heaton torna in Galles, a Cardiff. Il suo competitor David Marshall s'infortuna e lui ha strada libera, conquistando anche il premio di giovane dell'anno per il club. Purtroppo nella stagione successiva il tecnico Malky Mackay non lo vede titolare, ma lui è comunque un eroe di coppa, trascinando i Bluebirds in finale di League Cup (persa con il Liverpool).
Bisogna ripartire di nuovo, nonostante il Cardiff City gli abbia offerto un nuovo contratto, ma dove? In Championship lo vogliono in tanti e Heaton sceglie Bristol: purtroppo il City naufraga e incassa ben 84 reti, con Heaton titolare in 43 delle 46 partite. Eppure i complimenti non gli vengono risparmiati e il contratto è annuale: ergo, addio Bristol e vai con il Burnley.
I Clarets devono ripartire dopo l'addio di Eddie Howe e due stagioni deludenti: Sean Dyche è il nuovo tecnico e ha già seguito Heaton al Watford, ma l'operazione non si è concretizzata. Lo descrive come dotato di una buona tecnica e pensa che il portiere sia uno dei pezzi fondamentali della sua squadra ideale. Avrà ragione: l'addio di Lee Grant è dimenticato e la difesa del Burnley è la meno battuta della Championship, con tanto di promozione.
Purtroppo la stagione successiva - la prima in Premier League, con l'esordio contro il Chelsea - vede il club scendere nuovamente in Championship con la peggior difesa del torneo. Eppure Heaton ha parato persino due rigori e ha giocato ogni minuto del campionato: le basi per ripartire ci sono, perché il Burnley is on the mission.

Save of the season. Senza dubbio. Heaton dirà nel post-gara: «Mi sono quasi rotto il braccio per parare il tiro di Ibrahimovic...».

C'è un motivo per il quale Heaton ha scelto (ed è rimasto a) Burnley: «Ho sempre voluto essere il titolare e credo che la (prima) promozione con il Burnley abbia giustificato l'addio allo United. Mio padre era un tifoso del Burnley, come mio nonno, e qui il calcio è il motore della città. In un momento in cui la Premier League è globale, è bello sapere che la città è così vicina alla squadra».
Votato giocatore dell'anno dai compagni, Heaton ha persino firmato un prolungamento fino al giugno 2018 dopo la retrocessione. Con Jason Shackell in partenza, il portiere è diventato capitano e il Burnley è tornato immediatamente in Premier League, da campione e imbattuto nel girone di ritorno. Non solo: Heaton è finito anche nella Top 11 della lega.
Il secondo approccio alla Premier, memori degli errori della prima volta, è stato migliore. Lo si vede dalla classifica: il Burnley non ha modificato la mentalità difensiva mostrata negli anni precedenti, ma è diventato più efficace. Ha saputo rimediare alle partenze e soprattutto ha in porta uno dei migliori goalies d'Inghilterra, con tanto di rinnovo fino al giugno 2020.
La consacrazione è arrivata nelle ultime due annate. Specie in questa, Heaton è per ora tra i Top 3 per il numero di saves in stagione: dietro una vita a Guillermo Ochoa (Malaga), appena a ridosso di Lukasz Skorupski (Empoli) e davanti di poco a Gigio Donnarumma (di cui non c'è bisogno di specificare la squadra, perché è l'U-17 più chiaccherato della storia).
Ai successi di club (il Burnley è praticamente salvo: +6 sulla terzultima), si aggiungono le soddisfazioni personali, come la chiamata dell'Inghilterra. Heaton ricorda che gli sono arrivati i complimenti di Ferguson e ha esordito con l'Australia in un'amichevole pre-Euro 2016 (dov'è andato tra i convocati): «Mi dispiace per come sia andato l'Europeo, pensavo saremmo andati lontano. Personalmente è stata una bella esperienza».
E ora c'è il futuro di cui parlare, perché sono abbastanza sicuro che Heaton sarà uno di quei portieri osservati quest'estate sul mercato (qualche voce c'è). Nonostante le 31 primavere, il portiere ha ottenuto 10 clean sheets e ha concesso 44 reti in 33 partite giocate: «Sarebbe fantastico rimanere in Premier League per costruire qualcosa nel tempo». Vedremo se l'innominato diventerà un protagonista a breve.

Tom Heaton, 31 anni, merita più considerazione in Inghilterra.