18.9.13

Com'è lontano Happel.

Non è facile allenare dalle parti di Amburgo: se ne è accorto persino Thorsten Fink, appena cacciato dalla panchina degli anseatici dopo due anni di alti e bassi. All'allenatore è costato caro il 6-2 subito in casa dal Borussia Dortmund nella giornata di sabato: adesso, per l'Amburgo - storico club del calcio teutonico - si apre un nuovo capitolo, con la guida tecnica ancora da stabilire. Eppure, trent'anni fa, nella grande città si godevano ben altro spettacolo.

Hrubesch e compagni festeggiano la Champions vinta dall'HSV nel 1983.

Non per nulla, sono passati esattamente trent'anni dalla vittoria dell'Amburgo: fu l'apice di un'epopea straordinaria. La squadra, guidata sopratutto dal famoso manager Ernst Happel, trionfò sia in patria che in Europa a cavallo tra gli anni '70 e '80: tre Bundesliga, una Coppa delle Coppe e due coppe nazionali a conferma della bontà del lavoro svolto dalla compagine tedesca. In più, come detto, la Champions vinta contro la Juventus nella finale di Atene del maggio 1983, quando una parabola improvvisa di Magath fece vincere gli sfavoriti tedeschi. In un'epoca in cui le squadre teutoniche facevano la voce grossa, l'Amburgo c'era; trionfi che ben presto, però, sono diventati sbiaditi. Si è rischiato il fallimento, con la vendita di Thomas Doll alla Lazio ad evitare il peggio; i risultati sono diventati peggiori. L'HSV ha visto il succedersi di una marea infinita di allenatori, con alcuni riusciti però nell'impresa di rimanere più anni: tra questi, Frank Pagelsdorf, Thomas Doll e Huub Stevens sono quelli da ricordare, visto che - durante la loro presenza - l'Amburgo si è persino riaffacciato in Champions League.
Se in campionato il massimo raggiunto in questi trent'anni è rappresentato da due terzi posti, in Europa l'andamento è stato simile. Specie in Europa League, i rimpianti sono molteplici: non è stato possibile ripetere l'epopea di successi degli anni '80, anche perché quando l'Amburgo si avvicinava ad un'occasione storica, puntualmente la sbagliava. Basti pensare al biennio 2008-2010, quando l'HSV fece un ottimo cammino nella seconda competizione europea. Che si chiamasse Coppa UEFA o Europa League, poco importava: la compagine tedesca ha raggiunto due volte le semifinali e in entrambe le occasioni riuscì ad uscire. La prima contro gli acerrimi rivali del Werder Brema (con cui si giocano il derby del nord); la seconda, invece, fece ancora più male. Non tanto per l'avversario che li batté, ovvero il Fulham, bensì perché la finale di Europa League si sarebbe giocata proprio ad Amburgo, nel "Volksparkstadion" che ospita le partite casalinghe del club. Una beffa sulla beffa.
Insomma, su cosa si può vantare il successo in casa HSV? I risultati sono stati altalenanti, le vittorie scarne e l'unica cosa nuova dentro la bacheca del club è la DFB-Ligapokal del 2003. Questa, per altro, non è neanche un trofeo di qualche valore, visto che non equivale alla Supercoppa tedesca, bensì allo scontro fra le cinque migliori dell'ultimo campionato più la vincitrice della DFB-Pokal. Se poi si guarda al risultato di due stagioni fa - con il 15° posto e la retrocessione rischiata per tutto l'anno - si capisce come in casa Amburgo sia difficile guardare al futuro con successo. Si sperava di fare meglio quest'anno, anche grazie all'ormai consolidato ritorno di Rafael van der Vaart in città: l'olandese, già capitano e giocatore dell'HSV tra il 2005 ed il 2008, era tornato nell'ultimo giorno del mercato estivo del 2012. Il suo apporto è stato utile sin qui, ma non abbastanza per evitare un tremendo inizio stagionale per il club.

Thorsten Fink, 45 anni, è stato esonerato lunedì dopo due anni ad Amburgo.

Evidentamente, in questi anni di mancanze di trofei, non è bastato essere uno dei club più facoltosi dell'intero panorama calcistico mondiale: infatti, l'Amburgo ha generato - solo nel 2012 - un fatturato da 121 milioni di euro. Cose che qui in Italia molte società si sognano la notte; eppure, i risultati sono quelli appena descritti. E l'esonero di Thorsten Fink, che ha pagato le batoste con Hoffenheim e BVB, non fa che dare un altro colpo alle ambizioni degli anseatici, costretti probabilmente a vivere un'altra annata di sofferenza. Strano per l'unico club che non è mai - sottolineo: UNICO e MAI - retrocesso nella storia della Bundesliga, sin dalla sua fondazione nel 1963. 
Analizzando la storia recente dell'Amburgo, tuttavia, si ha veramente difficoltà nel capire il perché di tanta sofferenza sportiva: il club ha visto passare nelle sue fila alcuni giocatori interessanti. Qui ha avuto il via la leggenda di Hans-Jorg Butt, il portiere tira-rigori; da qui se ne è andato recentemente Son Heung-Min, talento sudcoreano comprato dal Bayer Leverkusen in estate. Forse è proprio qui il problema: ad Amburgo si fa fatica a costruire una squadra in grado di tornare ai vertici. Appena si prende un pezzo fondamentale del puzzle, questo parte o viene lasciato libero. O magari non ci si punta fino in fondo, come nel caso di Sidney Sam, passato al Bayer a cuor leggero. Inoltre, l'HSV non ha più lo stesso nome che aveva negli anni '80 e '90. Non è più una meta assoluta per i giocatori più interessanti, che si trasferiscono in Germania, ma lo fanno in club che hanno ormai un'appetibilità maggiore sul mercato: basti pensare al Bayer Leverkusen o al Borussia Moenchengladbach, ma anche allo Stoccarda o al Werder Brema, che vive un po' di rendita rispetto all'epoca Schaaf.
Insomma, ora ad Amburgo tocca ripartire: la classifica recita "quattro" alla voce "punti raccolti" dall'HSV, con la bellezza di 15 gol subiti. Non sappiamo chi potrà essere il successore di Fink al "Wolksparkstadion", ma dovrà necessariamente essere qualcuno con una certa grinta, piglio e capacità di guida. Altrimenti, la stagione del club anseatico rischia di essere la solita: stanca, logorante ed inconcludente. Tanto per essere in linea con l'ultimo trentennio, fatto di poche vittorie e di tante delusioni. E con l'indimenticato Ernst Happel nella testa.

Rafael van der Vaart, 30 anni, è tornato ad Amburgo l'estate scorsa.

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