29.10.16

ROAD TO JAPAN: Naomichi Ueda

Buongiorno a tutti e benvenuti al decimo numero di "Road to Japan" per questo 2016, la rubrica che ci consente di scoprire i maggiori talenti del panorama giapponese. Oggi dobbiamo spostarci nella prefettura di Ibaraki, dove il Kashima attraversa un periodo contraddittorio, ma è tornato a vincere. Merito anche di Naomichi Ueda, centrale degli Antlers.

SCHEDA
Nome e cognome: Naomichi Ueda (植田 直通)
Data di nascita: 24 ottobre 1994 (età: 22 anni)
Altezza: 1.86 m
Ruolo: Difensore centrale
Club: Kashima Antlers (2013-?)



STORIA
Nato nel '94 a Uto, centro da 40mila anime nel profondo sud del Giappone, Naomichi Ueda ha mantenuto un profondo legame con la prefettura di Kumamoto. Colpita da un pesante terremoto nell'aprile scorso, Ueda si è ritrovato in lacrime durante un'intervista post-gara per quanto accaduto ai suoi corregionali.
Inizalmente Naomichi sembra indirizzato verso il taekwondo, nel quale ottiene ottimi risultati a livello nazionale sin da piccolo. Poi in terza elementare lo invitano a una partita di calcio: se ne innamora e non lo lascia più, fino alla Ohzu High School, dove il suo allenatore Kazunori Hiraoka dice di averne visti pochi come lui.
Fin dal primo anno è uno dei titolari, ma non basta: dopo aver portato il suo liceo al campionato nazionale, lo notano diverse squadre di J. League. Ad avere la meglio sono i Kashima Antlers, che possono contare anche su un fattore di famiglia: a Ibaraki hanno prelevato anche Yuya Toyokawa, stessa età e liceo di Ueda.
Gli Antlers non sono più quelli vincenti degli anni 2000, ma è proprio da talenti come Ueda che si può ripartire per costruire una generazione vincente. Sotto la guida di Toninho Cerezo, il difensore s'inserisce gradualmente nella rotazione: nel 2013 gioca solo tre gare, mentre l'anno successivo riesce anche a esordire in J. League.
Con l'arrivo di Masatada Ishii a metà del 2015, la sua crescita ha subito un'accelerata, grazie a una squadra dall'età-media più bassa. Pur avvicinato da diversi club, Ueda ha rifiutato la corte di Vissel Kobe e Sagan Tosu nell'inverno scorso perché voglioso di crescere a Ibaraki. Sarà un caso, ma da quando Ishii l'ha panchinato nel girone di ritorno, il rendimento degli Antlers è precipitato.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Ueda rappresenta una speranza per il Giappone per un semplice motivo: nel ruolo di difensore centrale, il paese del Sol Levante fatica a produrre interpreti di un certo tipo. Ciò nonostante, i ct succedutisi sulla panchina giapponese non hanno fatto ruotare gli elementi per provarne di nuovi, ma hanno semplicemente deciso di affidarsi alla coppia più in voga.
Se Yoshida e Morishige sono risultati più volte inadeguati (con colpe da scaricare soprattutto sul capitano del FC Tokyo), Ueda potrebbe essere il back-up ideale per Yoshida. Alto 186 centimetri e forte fisicamente, il centrale degli Antlers può contare su un'aggressività notevole: «Non ho paura di confrontarmi con avversari stranieri».
A questa forza fisica, si aggiunge un'inaspettata velocità, tanto da portare a termine i 50 metri in 6.1 secondi. E il suo modello è Carles Puyol, che una certa storia in questo ruolo l'ha anche scritta durante la sua carriera.

STATISTICHE
2013 - Kashima Antlers: 3 presenze, 0 reti
2014 - Kashima Antlers: 24 presenze, 0 reti
2015 - Kashima Antlers: 16 presenze, 1 rete
2016 - Kashima Antlers (in corso): 23 presenze, 0 reti

NAZIONALE
Ueda ha già fatto tutta la trafila delle rappresentative giovanili: dall'U-16 all'U-23, passando per l'U-17 (con la quale ha disputato il Mondiale di categoria nel 2011) e soprattutto l'ultima Olimpiade, nella quale non ha impressionato e ciò nonostante è stato il più positivo in una linea difensiva altrimenti disastrosa durante quella competizione.
Dovrebbe prima o poi approcciare con la nazionale maggiore, visto che in realtà è stato già chiamato diverse volte. Addirittura Ueda è partito con la Nippon Daihyo di Aguirre per la Coppa d'Asia del 2015, sostituendo l'infortunato Uchida. Halilhodzic lo considera, ma intanto Ueda non ha ancora esordito nonostante diverse convocazioni.

LA SQUADRA PER LUI
La miglior cosa sarebbe continuare a seguirlo: parliamo di un ruolo nel quale il Giappone non ha mai spiccato particolarmente. Quindi lasciarlo progredire sarebbe la mossa più intelligente, magari strappando un'opzione al Kashima qualora i suoi miglioramenti fossero tangibili. Di sicuro può avere un futuro anche all'estero se continuerà così.

21.10.16

Favole a lungo termine.

Oggi è un anniversario speciale per il calcio italiano: 15 anni fa, un quartiere di Verona ha toccato la vetta della nostra piramide, equivalente alla testa della classifica di Serie A. Da neo-promossa. Il Chievo Verona - detto anche il Ceo - ha fatto questo e tanto altro. Dopo le prime otto giornate e un tranquillo sesto posto, viene da chiedersi quanto potrà durare.

Il Chievo Verona edizione 2001-02. Un Leicester ante litteram (cit.)

Il "se", invece, non è più un dubbio. Dopo così tante stagioni in Serie A - intervallate da un breve ritorno in cadetteria, riscattato immediatamente con la vittoria del campionato - il Chievo di Luca Campedelli rappresenta una realtà del nostro calcio. Nessuno ne è più stupito, anzi: forse saremmo più sorpresi se i gialloblu mollassero la categoria.
Il tutto è nato nell'estate del 2001. All'epoca, mentre l'Italia assiste al trionfo della Roma in A e al terzo scudetto della sua storia, la tarda conclusione del campionato ha messo in secondo piano quel che è successo in B. Insieme a Piacenza, Venezia e Torino, il Chievo ha ottenuto la promozione e affronterà il primo campionato di A della sua storia.
Per molti è un azzardo: i veneti han fatto benissimo in B, ma la squadra è formata da una serie di carneadi alla prima esperienza nella massima divisione italiana. A partire dal suo mister: Luigi Delneri ha vissuto finora la propria carriera da allenatore al massimo in B, assaggiando la A con l'Empoli senza neanche iniziare la stagione.
E che dire dei suoi ragazzi? Molti di loro non sanno cosa sia la Serie A oppure l'hanno appena conosciuta. Gli unici un po' fuori da questo ragionamento sono il portiere Marcon, capitan Corini, Mezzano ed Eriberto (o Luciano, come verrà chiamato da un certo punto in poi della sua carriera). Tuttavia, sembra un gruppo destinato a un anno difficile.
In estate arrivano alcuni rinforzi: in porta c'è Cristiano Lupatelli, che ha appena vinto uno scudetto con la Roma. C'è il ritorno di Nicola Legrottaglie, allora sconosciuto centrale prestato al Modena. Arriva Simone Perrotta, che non entusiasma a Bari. Torna anche Massimo Marazzina, che ha passato l'anno passato a Reggio Calabria in prestito.
Con questi, si parte a Firenze: il 4-4-2 di Delneri è la cifra tattica del Chievo, che si affida a un gioco corale e al passo delle sue ali per creare più occasioni possibili. Non solo è una sorpresa, ma è una squadra divertente: col passare del tempo, si capisce che non è un caso. Se la Fiorentina è la prima vittima eccellente, ce ne saranno altre.

Il punto di non ritorno: la vittoria a San Siro contro l'Inter.

Alla terza giornata, il Chievo per poco non strappa un punto a Torino contro la Juve. Alla quinta, ha già 12 punti. Dopo l'1-0 al Parma, proprio 15 anni fa, i gialloblu si ritrovano in vetta. Continueranno a sorprendere per tutto il girone d'andata, sconfiggendo Inter e Lazio. Perdono il derby, ma i ragazzi di Delneri sembrano poter cullare il sogno europeo.
Purtroppo, il girone di ritorno mette in discussione quest'assioma: ci vogliono undici partite prima che il Ceo torni a vincere e lo fa in un'occasione discretamente importante, battendo l'Hellas nel derby di ritorno. A quel punto, però, è troppo tardi per tornare in vetta: Inter, Juve e Roma se ne sono andate. Poco importa: c'è il sogno Champions.
La perdita di Jason Mayélé - attaccante congolese morto in un incidente stradale il 2 marzo 2002 - ha segnato psicologicamente il gruppo, che ha racimolato 12 punti negli ultimi sei incontri. Non abbastanza per il quarto posto, poi preso dal Milan, che vincerà la Champions partendo dai preliminari. La Coppa UEFA è stato comunque un traguardo prestigioso.
Da quel 2001-02, quei ragazzi han fatto strada. Delneri è stato sulle panchine di Roma, Porto e Juventus, facendo benissimo soprattutto a Bergamo e Genova (sponda blucerchiata). Oggi ancora il suo profilo è rispettato, tanto che l'Udinese ha pensato a lui per sostituire Iachini, rendendo ufficiale il secondo cambio del campionato.
Anche per i giocatori quell'anno ha significato parecchio. Perrotta e Barone (quest'ultimo primo cambio a centrocampo) sono stati campioni del Mondo con la nazionale, per la quale hanno giocato anche Corradi e Marazzina, mentre Lanna è stato convocato ma non è sceso in campo.
Manfredini è passato alla Lazio e ha poi giocato per la Costa d'Avorio, mentre Eriberto/Luciano ha svelato la sua vera identità ed è rimasto fino al 2013, nonostante un breve passaggio in prestito all'Inter. Per chiudere, Eugenio Corini è stato capitano di quella squadra e a Palermo, arrivando persino ad allenare il Chievo in due occasioni.
Quella squadra rimane un miracolo "alla Leicester" molto più degli stessi inglesi: non tanto perché il calcio era diverso, ma perché quel Chievo è stato l'esempio massimo di come si possa fare molto bene senza soldi. Oggi un exploit del genere sarebbe più difficile, perché la forza economica conta qualcosa in più. Ma è comunque un bel ricordo.

Luigi Delneri, 66 anni, all'epoca fautore del miracolo Chievo.

16.10.16

UNDER THE SPOTLIGHT: Gedion Zelalem

Buongiorno a tutti e benvenuti al numero dieci del 2016 per "Under the Spotlight", la rubrica che ci porta a scoprire le gemme nascoste del panorama calcistico. Oggi parliamo di un ragazzo che sarebbe fuori dai miei criteri - gioca con l'Arsenal ed è attualmente a Londra - ma che dovrebbe trovare spazio altrove: Gedion Zelalem, americano di Berlino.

SCHEDA
Nome e cognome: Gedion Zelalem
Data di nascita: 26 gennaio 1997 (età: 19 anni)
Altezza: 1.80 m
Ruolo: Centrocampista centrale, mezzala, trequartista
Club: Arsenal (2014-?)



STORIA
Di origini etiopi, Zelalem nasce a Berlino nel gennaio 1997. Passa anche per il vivaio dell'Hertha prima di partire e lasciare la Germania dopo un lutto familiare: si stabilisce con il padre a Washington nel 2006, dove continua a giocare con le rappresentative scolastiche. Tutto cambia nel 2013, quando un suo connazionale lo scopre a Dallas.
Daniel Karbassiyoon non è stato fortunato nella sua carriera (ha smesso a 22 anni dopo esser stato persino un giocatore dell'Arsenal), ma oggi fa da osservatore per i Gunners e scopre questo talentino, tanto da convincere il club a tesserarlo per l'Academy. Da quell'estate 2013, Zelalem è entrato nell'universo londinese per non abbandonarlo mai.
Tuttavia, è difficile per un 17enne emergere in una realtà così grande: ci vogliono una serie di coincidenze e l'occasione giusta, che però non arriva. Si fa vedere nella tournée asiatica del 2013 (dove qualcuno cita paragoni di un certo rilievo: leggasi Fabregas), ma ci vuole un contesto più ampio per farsi notare al meglio da Arsènè Wenger.
Il 2014 vede le prime presenze di Zelalem con l'Arsenal: a gennaio in F.A. Cup contro il Coventry, a dicembre in una rotonda vittoria a Istanbul in Champions League. Arriva persino il rinnovo fino al giugno 2017, firmato con Ramsey e Cazorla. Tuttavia, manca una certa continuità nelle presenze in campo, sebbene sia sempre presente con le giovanili.
E allora bisogna emigrare, anche se solo per un'annata. L'offerta giusta arriva nell'agosto 2015: si va a Glasgow, sponda Rangers. Prestito annuale, con un duplice obiettivo: riportare i Gers in Premier League scozzese e tornare all'Arsenal più forte di prima. Non semplice, ma dalle prime gare s'intuisce che la seconda divisione scozzese vada stretta al ragazzo.
Sotto la guida di Mark Warburton, Zelalem può sfoggiare la sua creatività a centrocampo, giocando 28 partite al fianco di giocatori più esperti. Inoltre, l'esperienza è servita per aumentare la personalità: «Giocare di fronte a 50mila persone ogni settimana mi ha aiutato. Sono cresciuto fisicamente e tecnicamente: è stata una bella esperienza».
A fine anno si torna all'Arsenal, ma le cose non stanno andando come previste: finora Zelalem ha giocato sette minuti in Coppa di Lega e sembra coperto da una folta concorrenza a centrocampo. Eppure Petr Cech - non uno qualsiasi - ha affermato come il ragazzo non abbia paura di «fare certe giocate: ha un grosso potenziale da poter mostrare».

CARATTERISTICHE TECNICHE
Primo ragazzo a giocare per l'Arsenal ed esser nato DOPO l'arrivo di Wenger sulla panchina dei Gunners, Zelalem può giocare da mediano o da regista, ma sembra molto più adatto per la posizione di centrocampista centrale o mezzala, dove può dispiegare il suo talento creativo (visione di gioco, accelerazione da fermo, passaggi corti). Inoltre, come già accennato da Cech, non ha paura di tentare la giocata difficile.
Certo, Wenger ha un punto: il ragazzo è esile e deve migliorare fisicamente, sebbene l'esperienza ai Rangers Glasgow gli sarà stata certamente utile. Inoltre, solo un maggior minutaggio potrà far crescere Zelalem, che altrimenti rischia di rimanere imbottigliato nella parabola del "bravo, ma non abbastanza" che ha già colpito parecchi nel calcio moderno.

STATISTICHE
2013/14 - Arsenal: 1 presenza, 0 reti
2014/15 - Arsenal: 1 presenza, 0 reti
2015/16 - → Rangers Glasgow: 28 presenze, 0 reti
2016/17 - Arsenal (in corso): 1 presenza, 0 reti

NAZIONALE
Potenzialmente Zelalem potrebbe esser chiamato da tre nazionali: Etiopia, Germania e Stati Uniti. Visti i suoi trascorsi giovanili, il duello è tra teutonici e americani. Il centrocampista ha infatti militato sia per la Germania U-15, 16 e  17 che per gli Stati Uniti U-20 e 23. Anzi, con l'U-20 ha pure giocato il Mondiale di categoria.
Forse è presto per dire che Zelalem rappresenti un giocatore da convocare a tutti i costi per le nazionali maggiori di uno di questi due paesi, però è sicuramente un prospetto da tener d'occhio. Lo stanno facendo soprattutto gli USA (tanto da aver preso la cittadinanza), anche perché Zelalem ha rifiutato a prescindere l'Etiopia e in seguito anche le giovanili tedesche.

LA SQUADRA PER LUI
«Mi sento pronto per giocare in Premier League. Spero solo di avere una chance per poterlo dimostrare»: queste le parole di Zelalem al ritorno dalla Scozia. Eppure Wenger non sembra pensarla alla stessa maniera e la concorrenza di gente come Coquelin, Cazorla, Ramsey e Xhaka non aiuta. E allora perché non approfittarne?
Oggi Zelalem vale 250mila euro (per transfermarkt) e sembra un'occasione da non perdere, un materiale grezzo sul quale poter lavorare nel tempo. I Bolton Wanderers - retrocessi in League One - l'hanno cercato per un prestito, ma sembra un colpo di cui potersi vantare tra qualche anno. Tentar non nuoce, anche perché il suo contratto scade a giugno...

7.10.16

Made in Italy?

Bello il Made in Italy, eh? Fantastico. Qualche anno fa avevamo Mancini al Manchester City, Ancelotti tra Parigi e Madrid, Capello in Russia e tanti allenatori emergenti. Manager in ascesa ne abbiamo anche ora, ma gli ultimi giorni hanno alzato più di un dubbio sul Made in Italy: sicuri che siamo ancora così di prestigio all'estero?

Roberto Di Matteo, 46 anni, ha lasciato l'Aston Villa da qualche giorno.

A giudicare da alcuni appointment per il 2016/17 - Conte al Chelsea, Ancelotti che finisce il sabbatico e va a Monaco di Baviera, Mazzarri dai Pozzo in Inghilterra - sembra di sì. Certo che bisogna vedere anche l'altro lato della medaglia: i tecnici italiani - tra i più preparati nel mondo del calcio - stanno avendo anche qualche difficoltà.
Primo della lista? Facile, Roberto Di Matteo. Allora, qui tocchiamo un tasto per me dolente: l'ho scritto quattro anni e mezzo fa, ma lo ribadisco con forza a distanza di così tanto tempo. La Champions League vinta nel 2012 dal Chelsea è forse uno degli scherzi peggiori venuto in mente agli dèi del calcio negli ultimi anni.
La semifinale con il Barcellona e la finale contro il Bayern Monaco sono tre partite sostanzialmente irripetibili. All'epoca scrissi: «Ha stupito tutti. Non nel gioco, che ha lasciato parecchio attoniti: difendersi in dieci dietro la linea della palla è un gioco facilmente applicabile. Anche la fortuna l'ha accompagnato, ma sono i risultati che hanno parlato in suo favore».
E difatti, una volta che i risultati sono spariti, il suo CV non è servito più. Non serve vincere una Champions League se poi non c'è un seguito: è mancato questo a Roberto Di Matteo. Dopo il Chelsea, l'elvetico ha aspettato di incassare l'intera paga dei Blues per accasarsi allo Schalke 04, piazza notoriamente poco facile in Bundesliga.
Una stagione è bastata, con l'esonero a una giornata dalla fine, una volta realizzato che il posto per la Champions era andato. Quando Di Matteo è stato nominato manager del retrocesso Aston Villa a giugno, lo aspettavo al varco. Qualche giorno fa, l'esonero è arrivato puntuale: otto punti in 12 partite sono pochi per chi punta al ritorno immediato in Premier.
Da chi spero abbia concluso il suo credito di fortuna con il calcio a chi deve pur recuperarlo da qualche parte. Se i suoi primi due anni in nazionale gli hanno dato un profilo internazionale (con la finale di Euro 2012), l'avventura al Mondiale 2014 l'ha stroncato. Sommato all'esonero dal Galatasaray, Prandelli è sparito dalla mappa.
Nonostante l'accordo per la buonuscita sia arrivato già a giugno 2015, l'addio con i turchi non è bastato per rivederlo in panchina. E non sono così sicuro che il Valencia - che l'ha appena assunto con un biennale - sia l'ambiente ideale per ripartire, dominato com'è più dagli interessi degli agenti e dei fondi di investimento che dal campo.

Prandelli non benissimo con lo spagnolo, ecco.

Altro paese? Altro paese. Dicevamo di Di Matteo, ma l'Inghilterra quest'anno pullula di allenatori italiani. Un altro della lista è Walter Zenga, la cui esperienza alla Samp avrebbe dovuto stroncare la sua carriera, unito all'ennesima incredibile avventura all'Al-Shaab (una vittoria, un pareggio e nove sconfitte: quattro punti in 11 gare).
Invece, niente da fare. In Inghilterra il Wolverhampton - tornato in Championship da qualche tempo e in mano a un fondo d'investimento cinese (il Fosun) - ha deciso di puntare su di lui per sostituire Kenny Jackett, già dato vicino all'addio quando si è parlato di Lopetegui ai Wolves e poi scaricato dal board cinese prima dell'inizio del campionato.
Per ora il Wolverhampton naviga a vista: ha battuto il Newcastle in trasferta e viaggia in 12° posizione prima del turno odierno, ma soprattutto non sembra essere un team in grado di fare molto di più. E poi anche l'anno scorso con la Samp Zenga è partito molto bene, salvo poi perdersi lungo la strada. Ma non è l'unica sorpresa arrivata da Oltremanica.
L'altro nome che stupisce è quello di Alberto Cavasin. Già, colui che è rimasto nella storia recente del calcio italiano per uscite poco opportune in conferenza stampa e uno stint tremendo alla Sampdoria. I tifosi si chiedono chi sia, ma anche i giocatori dello Swansea si chiedevano chi fosse Francesco Guidolin, appena esonerato dal club gallese.
Cavasin riparte dopo cinque anni di stop: l'ultima avventura è stata tremenda e comunque solo la proprietà italiana del Leyton Orient spiegherebbe perché un tecnico che ha allenato tre squadre negli ultimi sei anni possa trovar posto in League Two. Visto che ha persino lanciato un sito personale per l'occasione, gli auguro buona fortuna: gli servirà.

Alberto Cavasin, 60 anni, riparte dopo cinque anni dal Leyton Orient.