30.4.16

ROAD TO JAPAN: Daichi Kamada

Buon pomeriggio a tutti e benvenuti al quarto numero di "Road to Japan" per il 2016, la rubrica che ci consente di scoprire i maggiori talenti della J. League e del calcio giapponese. Oggi ci spostiamo nella prefettura di Saga, dove il Sagan Tosu è al quinto anno nella massima divisione. Sarà una storia breve, ma Daichi Kamada potrebbe esser un affarone per molti.

SCHEDA
Nome e cognome: Daichi Kamada (鎌田大地)
Data di nascita: 5 agosto 1996 (età: 19 anni)
Altezza: 1.80 m
Ruolo: Trequartista
Club: Sagan Tosu (2015-?)



STORIA
Nato nella prefettura di Ehime nell'agosto 1996, Kamada viene da un vivaio calcistico di una certa importanza nel panorama giapponese: passato nelle giovanili del Gamba Osaka, partecipa alla JOMO Cup (un'importante manifestazione per i ragazzi) e ha l'opportunità anche di tornare verso casa, ma il provino con l'Ehime FC non va come dovrebbe.
Così alla fine Kamada si iscrive al liceo di Higashiyama e si fa notare nella Prince Takamado Cup, dove veste la 10 della squadra della scuola. Cominciano a farsi avanti diversi club di J. League nel 2014, ma su tutte ha la meglio il Sagan Tosu, reduce da tre buone stagioni nel massimo campionato nazionale e felice di dar spazio ai giovani in un ambiente senza pressioni.
Il 2015 per Kamada è stato più positivo di quanto si potesse pensare. Forse è stato uno dei migliori rookie visti nell'ultima stagione sotto la guida di Hitoshi Morishita. Ogni tanto il Sagan l'ha prestato anche alla selezione U-22 formatasi in J3 League, con la quale Kamada ha giocato due match. Poi l'esordio tra i pro con gol contro il Matsumoto Yamaga, il primo a riuscirci in J. League.
Dopo un esordio da 28 presenze e tre reti (ma soprattutto tanti passaggi vincenti), Kamada punta a confermarsi nel 2016. Attualmente, un piccolo infortunio lo terrà fuori ancora per qualche giorno: un peccato, visto che il Sagan Tosu della nuova gestione Ficcadenti avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile per salvarsi dalla retrocessione.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Fare paragoni è sempre complicato, perciò quello che sto per dire va preso con le pinze, specie pensando al fatto che il ragazzo è al secondo anno da professionista e ha appena 19 anni. Tuttavia, per movenze, ruolo e fisico, ai primi tocchi ho visto qualcosina del vecchio Kakà. Lungi da me dire che la parabola sarà quella, ma alcune premesse ci sono.
Tatticamente Kamada è classificabile come trequartista, ma alla fine può giocare anche da centrocampista centrale. Il ragazzo è ancora in piena fase di crescita, perciò chissà cosa potrà diventare su un rettangolo verde. Certo, con il senso dell'assist che ha, sarebbe auspicabile che rimanesse in quella posizione da 10.

STATISTICHE
2015 - Sagan Tosu: 28 presenze, 3 reti
2016 - Sagan Tosu (in corso): 8 presenze, 2 reti

NAZIONALE
Per un ragazzo uscito dal liceo e poi arrivato improvvisamente tra i grandi, manca tutta la trafila delle giovanili. La nazionale l'ha vista, ma Kamada è stato direttamente chiamato prima dall'U-22, poi dall'U-23 di Teguramori. Se sarà arruolabile e continuerà a migliorare, non è detto che non sia nella lista di ragazzi che giocheranno per il Giappone alle Olimpiadi di Rio 2016.

LA SQUADRA PER LUI
Qui parliamo di un puro azzardo. Sono però quegli azzardi che ogni tanto premiano chi li compie. Kamada deve compiere ancora vent'anni ed è ovvio che rimanere in J. League è per ora non solo la scelta più logica, ma obbligata. Però acquistarlo e lasciarlo maturare a Saga potrebbe essere una scelta visionaria. E magari vincente.

26.4.16

The Brewers are on town.

Da sconosciuti a underdogs, fino ad arrivare a quella che molto probabilmente sarà una delle scalate più incredibili del calcio inglese. Mentre il mondo britannico e non si ferma a celebrare il probabile titolo del Leicester, il Burton Albion - 66 anni di storia, di cui 59 nel calcio dilettantesco - è a un passo da un'incredibile doppia promozione.

Nigel Clough, 50 anni, figlio del leggendario Bryan.

Sarei curioso di vedere a quanto i bookmakers davano la salita in Championship dei Brewers, che - vale la pena ricordarlo - nel 2015 avevano conquistato per la prima volta la possibilità di giocare in League One (la terza divisione del calcio britannico). Questo perché la loro storia è fatta prevalentemente di campi in terra e scontri con pochi spettatori.
Terra di rugby, Burton-upon-Trent ha visto in successione diversi club estinguersi: Burton Swifts, Burton Town, Burton United e Burton Wanderers. Nel 1950 nasce però il Burton Albion, che ancora oggi resiste con tale denominazione. Per quasi cinquant'anni, l'Eton Park ha ospitato le partite dei Brewers, che hanno pian piano salito la gerarchia del calcio inglese.
Poi nel 2005 è arrivato il trasferimento al neonato Pirelli Stadium, un impianto da quasi 7000 posti (di cui solo 2000 a sedere) con la promessa futura di esser nuovamente ammodernato. Intanto, il Burton Albion pian piano ha fatto capolino nelle cronache inglesi, come quando ad esempio blocca il Manchester United di Ferguson per 0-0 in F.A. Cup nel 2006.
Il replay a Old Trafford finisce 5-0 per i Red Devils, ma non importa. Il club cresce e si guadagna rispetto in giro per l'Inghilterra: arrivati in Conference (la quinta divisione, la prima non-professionistica), i Brewers tentano il grande salto. Falliscono una prima volta nel 2008 (perdendo ai play-off), ma l'anno successivo è quello buono per salire in League Two.
A gestire il primo impatto con i pro è mister Paul Peschiosolido, ex attaccante canadese con un passato da giocatore anche in Premier League. Tre salvezze, poi l'arrivo in panchina di Gary Rowett, che porta la squadra a fare un ulteriore step in avanti: il Burton Albion disputa due post-season, perdendo la finale dei play-off a Wembley contro il Fleetwood Town nel 2014.
Tutto lascia presagire che la svolta sia dietro l'angolo. Il problema è che Rowett lascia il Burton Albion nell'ottobre 2014 con la squadra in testa: l'offerta del Birmingham City è troppo buona per esser ignorata. Così il club giallonero punta su un ex giocatore dalla grande storia come Jimmy Floyd Hasselbaink, reduce da un'esperienza incolore al Royal Antwerp.
Dopo il passaggio interlocutorio in Belgio, nessuno si aspettava molto dall'olandese. Invece Hasselbaink ha trascinato i Brewers alla promozione in League One con diverse giornate d'anticipo. Il destino, però, ha un riservato un altro scherzo al Burton Albion: avvicinato a metà campionato dal QPR, Hasselbaink ha accettato l'offerta del club di Londra.
Il tutto è avvenuto sempre con la squadra in testa, proprio com'era successo con Rowett. E allora ci è voluta un leggenda per continuare questo miracolo: Nigel Clough, figlio del leggendario Brian (se non sapete chi è, guardate/leggete "The Damned United"). Clough jr. aveva concluso la carriera a Eton Park e aveva già allenato il club per nove anni.

A novembre il Burton vince sul campo del Wigan: il segnale che l'impresa è possibile.

Per Clough è stato importante rimettersi in gioco: lui ha creato il seme per l'arrivo del Burton Albion tra i professionisti, lasciando poi tutto per il Derby County. I due anni allo Sheffield United ne hanno leggermente minato la reputazione, ma il ritorno dove tutto era iniziato come manager ha fatto sì che Clough riguadagnasse un certo credito in Inghilterra.
Arrivati al traguardo, il Burton Albion ha sofferto un po' di braccino corto: sei gare senza vittorie fino alla buona trasferta di sabato, quando i gialloneri si sono presentati sul campo di un Colchester quasi retrocesso. Il 3-0 finale - con la tripletta di Lucas Akins, nuovamente in doppia cifra dopo l'anno scorso - ha portato il vantaggio su Walsall e Milwall a +9.
Con tre gare da giocare per il Walsall, la promozione non è ancora matematica, ma ci siamo: se i Saddlers non dovessero battere lo Shrewsbury Town questa sera, allora la prima annata in Championship sarebbe certa. Il lavoro è stato più che buono, se si considera che la squadra ha un'età-media piuttosto bassa (solo tre i giocatori over-30).
La cosa che più mi ha impressionato è che il Burton Albion pratichi un vero gioco di squadra: nelle ultime due stagioni, i Brewers non hanno avuto un loro giocatore nella top 10 dei cannonieri. Come a dire: i gol ce li creiamo con vari elementi, la forza sta nell'unione della nostra squadra. So be it.
Tutto è pronto per festeggiare sabato, quando il Burton Albion ospiterà al Pirelli Stadium un Gillingham comunque alla caccia dei play-off. Si sogna persino la vittoria del campionato, visto che il Wigan Athletic di Caldwell dista solo tre punti. In ogni caso, il Burton Albion giocherà in impianti grandiosi nella Championship 2016-17.
Gli avversari certi sono Aston Villa, Blackburn, Fulham, Leeds United, QPR. Per non citare le possibilità come Newcastle... insomma, una grande stagione li aspetta. Dopo la tripletta al Colchester, Akins l'ha sintetizzata così: «È un bel giorno per questo club». E ora cosa li attende? I Brewers sono in città. Meglio farci l'abitudine.

Lucas Akins, 27 anni, e la tripletta sul campo del Colchester: è quasi fatta.

20.4.16

Ritorno d'orgoglio.

Si può dire che sia quasi fatta: manca un punto, dopo la vittoriosa trasferta di Ancona, conclusa per 2-1. La SPAL è vicinissima a tornare in B dopo 23 anni: una bella storia, di quelle che la Lega Pro riesce ancora a regalare. Più si sale nella scala del calcio italiano, meno s'incontrano queste favole: il lavoro della squadra ferrarese è da apprezzare. Specie dopo le difficoltà degli ultimi anni.

Leonardo Semplici, 48 anni, l'uomo che porterà la SPAL in B.

A Ferrara hanno anche conosciuto la Serie A negli anni '60, salvo poi rimanere impantanati tra la cadetteria e la terza divisione. L'ultima volta in B è stata all'inizio degli anni '90, quando il club del presidente Giovanni Donigaglia, nativo di Argenta (paesino in provincia di Ferrara) e presidente all'epoca di Coopcostruttori, una cooperativa rossa.
L'allenatore era Giovan Battista Fabbri (l'uomo che ha portato il Lanerossi Vicenza al secondo posto in A a fine anni '70), in campo c'erano Paramatti, Servidei (passato nella Roma di Zeman) e Brescia. Nel 1992-93, il piano era quello di andare in A. Invece quel progetto non si è mai realizzato, nonostante l'arrivo di Nappi, Dario Bonetti e Dall'Igna.
Da quella retrocessione nel 1993, la SPAL ha vissuto due fallimenti. Nel 2005, l'allenatore della squadra era un certo Max Allegri, ma forse quello del 2012 segna molto di più il destino del club. Dopo la mancata iscrizione alla Lega Pro 2012-13, il sindaco di Ferrara - una delle città più segnate dal terremoto emiliano di quell'estate - decide di far ripartire il club.
Dopo un'annata tribolata sotto la presidenza targata Pelliccioni-Benasciutti, il club viene venduto alla famiglia Colombarini, all'epoca proprietaria della Giacomense. La piccola squadra emiliana confluisce nello SPAL e così parte un periodo diverso, trasformando il club nella SPAL 2013. Tuttavia, se escludiamo la forma di Max Varricchio sotto porta, le soddisfazioni sono poche.
Tutto cambia quando sulla panchina della SPAL approda Leonardo Semplici, ancora oggi il mister dei biancoazzurri. In un anno e mezzo di reggenza, l'ex mister della Primavera della Fiorentina ha condotto la SPAL a recuperare il terreno perso in questi anni: Cosmi l'ha pubblicamente lodato qualche giorno fa per il lavoro svolto a Ferrara.
Lo strapotere della SPAL è stato talmente forte che la squadra di Semplici è stata l'unica in Lega Pro a condurre il suo girone in maniera incontrastata. Infatti, i biancoazzurri sono stati gli unici a esser primi in classifica in solitaria durante il 2015-16. Tutto questo nonostante siano arrivate tre sconfitte, di cui due contro il Pisa di Gattuso, secondo in graduatoria.
Un'eventuale promozione, inoltre, metterebbe per la prima volta la SPAL nel gotha del calcio emiliano. Il Parma e il Piacenza l'anno prossimo saranno in Lega Pro, così come la Reggiana. Il Modena rischia la retrocessione dalla B, mentre il Cesena lotta per i play-off: a giugno, solo Bologna e Sassuolo potrebbero essere più in alto della SPAL.

La SPAL ha perso a Pisa la partita che le avrebbe consegnato la promozione in anticipo. Reagire subito, vincendo il derby contro il Santarcangelo, è stato il miglior segnale possibile.

Per altro, la promozione è una sorpresa se si pensa alla scorsa estate, ma non ricordando quello che era successo a inizio stagione. La SPAL ha addirittura eliminato il Catania in Coppa Italia, salvo perdere a tavolino la gara per aver schierato un giocatore indisponibile. Nella Coppa Italia di Lega Pro, è arrivata in semifinale, perdendo solo contro il Cittadella.
Il mercato della SPAL è stato solido, acquistando buoni giocatori anche a gennaio (vedi il ritorno a Ferrara di Schiavon). Ma forse il colpaccio vero è stato davanti. Con Germinale fuori tutta la stagione, i gemelli del gol hanno fatto la differenza: il tandem d'attacco Zigoni-Cellini ha messo insieme ben 33 gol in tutte le competizioni del 2015-16.
Gianmarco Zigoni doveva liberarsi della fama paterna, di quel Gianfranco - alias Dio Zigo - che ha fatto perdere lo scudetto al Milan nel 1973. Zigoni jr. si era perso nei meandri della provincia italiana. Il Milan l'ha prestato ovunque, lui ha brillato a Lecce e Avellino. E ora a Ferrara sembra aver trovato la definitiva consacrazione.
L'altro, invece, è un esperto dei gol di provincia: Marco Cellini ha segnato un po' ovunque. Foggia, Perugia, Modena, Carrara. Che fosse Lega Pro o B, non importava. Si è reso famoso soprattutto con l'Albinoleffe, dove ha anche incassato quattro mesi di squalifica per il calcio-scommesse. Quest'anno è a quota venti in stagione (tre triplette!).
L'appuntamento con il destino è previsto tra tre giorni, quando la SPAL ospiterà l'Arezzo al Paolo Mazza. Semplici prova a prenderla con filosofia e a spegnere l'eccessivo entusiasmo: «L'obiettivo è vicino, ma non voglio che la squadra molli. Il prossimo anno? Mancano le firme, ma credo che rimarrò. Sabato voglio uno stadio interamente biancoazzurro».
Se il ritorno in B del Cittadella - festeggiato l'altro giorno con la vittoria sul Pordenone - poteva essere previsto, questo exploit della SPAL ha del clamoroso. Un riscatto dopo tante difficoltà, un ritorno d'orgoglio che può render fiera la città di Ferrara. E chissà, la B è in grado di regalare altre storie a sorpresa: chiedete a Crotone...

Marco Cellini, 34 anni, uno che i gol li ha sempre fatti.

18.4.16

UNDER THE SPOTLIGHT: Sardor Rashidov

Buongiorno a tutti e benvenuti al quarto numero di questo 2016 riguardo "Under the Spotlight", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti sparsi in giro per il mondo. Oggi ci spostiamo in Qatar per parlare di quello che forse a oggi è il calciatore uzbeko più interessante dell'intero panorama nazionale: Sardor Rashidov, fantasista dell'El Jaish.

SCHEDA
Nome e cognome: Sardor Rashidov (Сардор Рашидов)
Data di nascita: 14 giugno 1991 (età: 24 anni)
Altezza: 1.84 m
Ruolo: Esterno d'attacco, trequartista, seconda punta
Club: El Jaish SC (2015-?)



STORIA
Nato nel '91 a Jizzakh - parte meridionale dell'Uzbekistan - Sardor Rashidov entra a far parte del club della sua città-natale a soli 15 anni. Al Sogdiana Jizzakh lo svezzano e lo fanno crescere nella seconda divisione nazionale, visto che la squadra è appena retrocessa. Fortunatamente, il Sogdiana torna nella massima serie e da lì la carriera di Rashidov decolla.
Lo nota il Bunyodkor, la squadra più titolata del paese: è il 2009 quando viene prelevato dal Sogdiana. In quel momento, il Bunyodkor è allenato da Zico, ha in squadra Rivaldo e ha rischiato di prendere Samuel Eto'o in uscita da Barcellona per una cifra folle. Sulla sua panchina passerà qualche mese più tardi anche Luis Felipe Scolari.
In questo contesto stellare, Rashidov entra a far parte dell'academy. L'esordio arriva l'anno successivo, quando pian piano subentra in prima squadra. Quando finisce l'eco degli acquisti a caro prezzo, il Bunyodkor decide di puntare sui propri giovani: questo anche perché il club non domina più in campo nazionale, vincendo solo uno degli ultimi quattro titoli tra il 2012 e il 2015.
Nonostante raggiunga la semifinale della Champions League asiatica nel 2012, il Bunyodkor fa crescere il ragazzo sotto la guida dell'illuminato Mirjalol Qosimov, che ha reso grande il club negli anni 2000. Il 2014 è la prima annata in doppia cifra, il 2015 quella della conferma: lascia il segno anche nei play-off di qualificazione alla Champions League 2015.
Ormai si è capito che il ragazzo valga parecchio. Lo comprendono anche in Qatar, dove l'El Jaish l'ha prelevato l'estate scorsa per due milioni di dollari. Sulla decisione di Rashidov nell'accettare l'offerta, pesa anche la possibilità di partecipare alla Champions League asiatica. L'entusiasmo è palpabile dalle parti dell'Abdullah bin Khalifa Stadium.
Se il campionato è già andato all'Al-Rayyan, l'El Jaish di Sabri Lamouchi ha ancora qualche chance in campo continentale. Il club qatariota ha chiuso il gruppo D da primo in classifica e Rashidov è anche andato a segno contro il Nasaf. Chissà che non sia l'anno buono per rappresentare il Qatar, rimasto con sole due squadre nella massima competizione asiatica per club.
Rashidov sa che la strada è ancora lunga: «Sono venuto in Qatar per migliorarmi: una chance europea arriverà se farò bene qui. La mia forza è che ho sempre voglia di allenarmi e di crescere. Io come Maksim Shatskikh? Lui è un idolo per ogni ragazzino dell'Uzbekistan, ma preferisco esser me stesso. Voglio giocare al Mondiale, questa è la migliore squadra di sempre in Uzbekistan».

CARATTERISTICHE TECNICHE
Dal punto di vista tecnico, Rashidov impressiona per le buone doti tecniche che si ritrova e un buon dribbling. Il calcio uzbeko - anche nel panorama asiatico - non è stato mai rinomato per grandi giocolieri, eppure Rashidov sembra il capostipite in patria: non a caso, l'hanno rinominato CR10, usando per iniziali i caratteri cirillici.
Tatticamente parlando, invece, Rashidov può giocare da esterno d'attacco o da trequartista centrale, nonché da seconda punta. Alcune volte è stato utilizzato anche da centravanti, ma è meglio farlo accentrare da destra per poi permettergli di scoccare il tiro con il suo mancino. Deve sviluppare un po' il senso dell'assist, per ora visto solo da calcio piazzato.

STATISTICHE
2010 - Bunyodkor: 3 presenze, 0 reti
2011 - Bunyodkor: 0 presenze, 0 reti
2012 - Bunyodkor: 0 presenze, 0 reti
2013 - Bunyodkor: 20 presenze, 3 reti
2014 - Bunyodkor: 34 presenze, 15 reti
2015 - Bunyodkor: 18 presenze, 6 reti
2015/16 - El Jaish SC (in corso): 27 presenze, 10 reti

NAZIONALE
Dopo aver giocato qualche partita con l'U-23, per esordire in nazionale ci è voluta la lungimiranza di Qosimov, che Rashidov ritrova come commissario tecnico. Nelle prime due presenze sono arrivati altrettanti gol (entrambi contro il Vietnam): da quel momento in poi, nessuno ha pensato di rimuoverlo dalla lista delle convocazioni.
Il punto di svolta, però, è stata la Coppa d'Asia 2015: nella gara decisiva per superare la fase a gironi, Rashidov va due volte a segno contro l'Arabia Saudita. L'Uzbekistan uscirà ai quarti dopo una combattuta battaglia contro la Corea del Sud, ma ormai Rashidov si è guadagnato il posto fisso tra i titolari, nonché il numero 10.
La conferma è arrivata nell'anno successivo: nel percorso di qualificazioni ai Mondiali 2018 e alla Coppa d'Asia 2019, l'Uzbekistan ha confermato la sua crescita, vincendo il suo girone. Rashidov ha segnato cinque reti (l'ultima decisiva contro il Bahrain) e l'Uzbekistan del nuovo corso Samvel Babayan viene da otto vittorie consecutive in altrettante partite.

LA SQUADRA PER LUI
Mi sembra più che pronto. Sia con il Bunyodkor che con l'El Jaish, Rashidov ha accumulato esperienza: è un punto di riferimento della nazionale e ha giocato da protagonista una Coppa d'Asia non più di un anno fa. Può solo crescere affrontando un'avventura europea. Nel 2015 ha sfiorato il titolo di giocatore uzbeko dell'anno, magari nel 2016 toccherà a lui.
L'accordo con la squadra qatariota è fino al giugno 2018: nulla di impossibile da scardinare dal punto di vista contrattuale. Io sarei per un tentativo nella provincia della Serie A, ma la diffidenza nostra è cosa ben nota.

1.4.16

Come una leggenda.

Siamo a metà delle qualificazioni al Mondiale 2018, almeno per quanto riguarda la zona asiatica. Tra le 12 qualificate alla terza fase, c'è anche l'Arabia Saudita, che si è ripresa dopo una Coppa d'Asia 2015 tra mille difficoltà. L'eroe del nuovo corso è Mohammad Al-Sahlawi, capocannoniere delle qualificazioni ai Mondiali 2018 con 14 reti.

Al-Sahlawi con la maglia dell'Al-Nassr, di cui è la stella dal 2009.

Non è un neofita del calcio arabo, ma di certo la maturazione di Al-Sahlawi ha consentito all'Arabia Saudita di riprendersi un posto al sole nel movimento asiatico. Al-Sahlawi nasce a Holuf, nella parte orientale del paese: la città è conosciuta per essere uno delle maggiori produttrici di datteri, nonché uno dei posti più caldi al mondo (32 gradi a gennaio di massima...).
Alla morte del padre, il giovane Mohammad cresce insieme ai suoi fratelli e gioca per varie squadre, tra cui l'Al-Faisaly FC e l'Al-Taawoun FC. Al-Sahlawi fa anche un provino per l'Al-Hilal, una delle compagini più famose del paese, ma alla fine a tesserarlo è l'Al-Qadisiya, dove gioca una delle stelle della nazionale, Yasser Al-Qahtani.
In una sorta di successione (che si ripeterà anche in nazionale), Al-Qahtani viene ceduto all'Al-Hilal per la cifra più grossa spesa sul mercato dell'Arabia Saudita a quel tempo e Al-Sahlawi entra a far parte stabilmente della prima squadra. Gli scout hanno già notato il suo talento, ma c'è comunque qualche difficoltà da superare.
All'inizio, Al-Sahlawi viene relegato in panchina e il suo club va incontro alla retrocessione. Con la partenza di diversi giocatori, l'Al-Qadisiya si affida ad Al-Sahlawi per risaliare in prima divisione. Missione riuscita grazie alle prestazioni dell'attaccante, che non può più rimanere al Prince Saud bin Jalawi Stadium: troppi club lo seguono.
Così si concretizza il trasferimento più costoso nella storia del calcio saudita: 32 milioni di riyals, ovvero otto milioni di dollari, per passare all'Al-Nassr FC. A distanza di anni, si può dire che ne sia comunque valsa la pena: nonostante dieci allenatori diversi in sei stagioni e mezza (tra cui il nostro Walter Zenga), Al-Sahlawi è uno degli eroi della squadra di Riyadh.
L'Al-Nassr è tornato a vincere con il double dopo un digiuno di 19 anni con José Daniel Carreño in panchina (oggi ct del Qatar), facendo il bis in campionato nell'ultima stagione con un altro uruguayano, quel Jorge da Silva passato più volte all'Al-Nassr. Inoltre, Al-Sahlawi ha regalato la vittoria del campionato nel derby. Con il gol decisivo.
Quel che manca all'Al-Nassr è una grande affermazione in Asia. Tuttavia, è in nazionale dove forse la grandezza di Al-Sahlawi sta finalmente emergendo. E pensare che l'attaccante gioca con i Green Falcons dal 2009, quando alcune leggende del calcio saudita erano ancora in squadra e l'Arabia Saudita fallì all'ultimo minuto la qualificazione al play-off contro la Nuova Zelanda.

Non male il ragazzo.

Le cose sono un po' cambiate da allora: la Coppa d'Asia 2011 è andata male, con tre sconfitte in altrettante gare. Il punto più basso si è avuto tra il 2012 e il 2013, con il quarto posto nella Coppa delle nazioni arabe (dietro la Libia!), l'uscita al girone nella Gulf Cup 2013 e il disastro nel percorso di qualificazioni al Mondiale 2014 (terzi in un girone con Australia, Oman e Thailandia).
In questo quadro, Al-Sahlawi ha tentato di fare quel che poteva. Il suo primo gol in nazionale è arrivato nel maggio 2010 contro i futuri campioni del Mondo della Spagna, ma da lì in poi ha giocato poco e segnato solo in occasioni funeste. Lo score fino al gennaio 2015 vedeva appena quattro gol realizzati: una miseria per una delle star della Saudi Professional League.
Dopo aver cambiato otto allenatori in cinque anni (tra cui Frankie Rikjaard!), forse l'Arabia Saudita ha trovato la strada giusta. Nella Coppa d'Asia 2015 è uscita di nuovo ai gironi, ma la Cina è sembrata decente in quell'occasione e con l'Uzbekistan in crescita. Al-Salhawi, però, ha iniziato una nuova storia con la nazionale sotto la guida di Cosmin Olăroiu.
Doppietta nella vittoria per 4-1 contro la Corea del Nord, il gol della speranza nella sconfitta per 3-1 contro l'Uzbekistan. Da lì in poi, Al-Sahlawi è diventato la star della nazionale, il numero 10 e l'indiscussa stella. L'ha capito anche Bert van Marwijk, diventato ct dei Green Falcons dopo il pessimo Europeo 2012 con l'Olanda e la brutta esperienza ad Amburgo.
Se l'olandese ha rilanciato l'Arabia Saudita nel panorama asiatico, lo deve anche alla buona forma di Al-Sahlawi: l'attaccante è stato decisivo sia nelle goleade (contro Timor-Est, ad esempio) che nelle gare vinte all'ultimo minuto. Basta vedere le vittorie casalinghe contro Palestina, Malesia e Emirati Arabi Uniti (doppietta in quest'ultima).
Ora la situazione è cambiata: Al-Sahlawi è la stella dell'Arabia Saudita, arrivata prima nel girone di qualificazione davanti agli Emirati Arabi Uniti (terzi all'ultima Coppa d'Asia) e lo straordinario score dell'attaccante con la nazionale è di 23 gol in 24 presenze. Un bilancio che gli ha consentito di avvicinare una leggenda come Saeed Al-Owairan, a una rete di distanza.
Tuttavia, Al-Sahlawi rimane umile: «L'importante non è che segni, ma che la squadra vinca». E sul suo sogno: «Sarebbe bello segnare nella fase finale di una Coppa del Mondo. Vogliamo qualificarci per il Mondiale: se la fortuna sarà dalla nostra parte, ce la possiamo fare». In Russia, sarebbe la prima volta dopo 12 anni: per essere una leggenda, bisogna anche ottenere questi miracoli.

Mohammad Al-Sahlawi, 29 anni, capocannoniere delle qualificazioni ai Mondiali 2018.