22.12.15

CHASING HISTORY: 5 momenti che hanno segnato il 2015

Un altro anno se ne va e arriva il momento di tirare qualche bilancio. Nell'apprestarci a salutare il 2015, è giusto fare un recap del cult di quest'annata calcistica. Tra un triplete e una prima volta, tra il risorgimento americano e quello ivoriano, passando per il Sud America. Ecco a voi un recap - si spera esaustivo - di quanto accaduto quest'anno.

Il momento cult: l'intervista di John Guidetti
29 giugno 2015, la Svezia ha appena battuto per 4-1 la Danimarca nelle semifinali dell'Europeo U-21. A sorpresa, gli scandinavi si giocheranno (e vinceranno ai rigori) il titolo di categoria contro il Portogallo. Frustrato per le eccessive critiche sulla squadra, Guidetti si sfoga a fine gara e incornicia il miglior momento comunicativo nel calcio di quest'anno.


Vi lascio ai sottotitoli.

La partita dell'anno: derby Iran-Iraq
La Coppa d'Asia è stata una sorta di follia collettiva, ben rappresentata da un match in particolare: il quarto di finale del 23 gennaio scorso tra Iran e Iraq, un derby tra vicini disputato al Canberra Stadium. Ci arriva da favorito l'Iran, che ha vinto il suo girone; il giovane Iraq, invece, si è qualificato alle spalle del Giappone.
Azmoun porta in vantaggio l'Iran nel primo tempo, ma una controversa espulsione di Pooladi riduce la squadra di Carlos Queiroz in dieci per il resto del match. L'Iraq pareggia nella ripresa con Ahmed Yasin e porta la partita ai supplementari. Con i gol di capitan Mahmoud e del giovane Ismail l'Iraq allunga due volte, ma l'Iran riesce stoicamente a riportarsi in gara.
Speciale l'ultima rete, quella di Ghoochannejhad, che pareggia la partita a pochi secondi dalla fine su azione molto confusa. Alla lotteria dei rigori, l'Iraq ha la meglio per 7-6 e arriva quarto al termine del torneo. Una partita che rimarrà negli annali.

Partita di una follia assoluta.


5. Maledizione spezzata
Ci voleva uno stregone per spezzare la maledizione della Costa d'Avorio: arrivata da favorita a ognuna delle edizioni della Coppa d'Africa nell'ultimo decennio, gli Elefanti si sono sempre arenati di fronte a qualche ostacolo. Secondi nel 2006 e nel 2012, la Generazione d'Oro della Costa d'Avorio ha perso entrambe quelle finali ai rigori.
Ci voleva Hervé Renard per cambiare tutto, l'uomo che guidò lo Zambia al titolo nel 2012, proprio contro Yaya Touré e compagni. Per mezz'ora dell'ultima gara del girone, la Costa d'Avorio è rimasta fuori dalla Coppa d'Africa. Poi due vittorie (entrambe per 3-1) contro Algeria e RD Congo, fino all'ultimo atto di Bata.
La storia più bella è quella di Boubacar Barry, che in realtà dopo anni di titolarità era il portiere di riserva a questa rassegna. L'infortunio in semifinale di Sylvain Gbohouo l'ha rimesso tra i pali e l'esperto estremo difensore ha salvato la sua squadra ai rigori contro il Ghana, segnando poi il penalty decisivo! Coppa agli Elefanti: chi l'avrebbe mai detto?

Yaya Touré, 32 anni, alza la Coppa d'Africa.


4. La donna americana
USWNT: non una sigla, ma un'istituzione negli Stati Uniti. Lo United States Women National Team ha vinto il suo terzo Mondiale della storia, dopo un digiuno durato ben 16 anni. Nonostante tre ori olimpici consecutivi, quest'alloro sembrava contornato da una sorta di maledizione. Lo sanno bene le veterane, Abby Wambach e Christine Rampone.
Si ritirano da campionesse del Mondo, dopo una cavalcata entusiasmante nell'ultima rassegna in Canada. Sei vittorie e un pareggio nella via al titolo: paradossalmente la partita più bella è arrivata proprio in finale, dove gli Stati Uniti si sono presi la rivincita contro il Giappone. Un 5-2 dove la firma più bella è stata quella di Carli Lloyd, capitana e MVP del torneo.



3. Rinascita Millionaria
Alzi la mano chi avrebbe scommesso nell'estate del 2011 in una pronta ripresa del River Plate dopo la retrocessione in seconda divisione, la prima in 110 anni di storia. Risalita la china, i Millionarios hanno vinto il titolo con Ramon Díaz e si sono poi affidati all'uomo del loro destino, quel Marcelo Gallardo che ha giocato con la maglia del River.
El Muñeco in un anno si è preso tutto: nel 2014 la vittoria in Copa Sudamericana, nel 2015 quelle in Recopa e soprattutto in Copa Libertadores. E pensare che il River Plate era a un passo dall'andare fuori nella fase a gironi, superata per un pelo. Ad aiutarli fu il Tigres, la stessa squadra poi sconfitta nella finale andata e ritorno per 3-0.

Il magico anno del River Plate in Copa Libertadores.


2. Spagna irreal
Non è stato un grande anno per il Barcellona, ma per la Spagna. I club iberici dimostrano che la loro supremazia è lontana dal cadere: se la nazionale fa fatica e al Mondiale 2014 ha rimediato una sonora batosta, le squadre spagnole continuano a dominare. In ogni caso, tutto il movimento sembra in ripresa dopo una leggera discesa.
L'U-19 ha vinto l'Europeo di categoria, la nazionale femminile ha partecipato per la prima volta a un Mondiale. Il Siviglia ha vinto per la quarta volta l'Europa League, bissando così il successo ottenuto nella finale di Torino dell'anno precedente. Sul Barcellona è difficile dire qualsiasi cosa: 175 gol segnati, cinque titoli e la percezione che Luis Enrique abbia costruito una delle migliori macchine da gioco della storia del calcio di club.

Luis Suárez, Lionel Messi e Neymar, un trio senza pari.


1. La prima volta non si scorda mai
Spiace per i blaugrana, ma non c'è niente di più storico di una prima volta. E ce ne sono state addirittura due in giro per il mondo a livello di nazionali. Sull'impresa in Copa América del Cile credo di aver speso diversi fiumi d'inchiostro, senza dimenticarci è il primo alloro della Roja in 120 anni di storia della sua nazionale.
Se Sampaoli merita più di un plauso, altrettanto si dovrebbe dire per Ange Postecoglou, ct dell'Australia. Alla terza partecipazione nella competizione asiatica, i Socceroos hanno conquistato il titolo, per altro in casa. Il 2-1 in finale a una ritrovata Corea del Sud forse è l'inizio di qualcosa più grande per l'Australia.

L'Australia festeggia il primo titolo di campione asiatico.

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