7.1.15

AFC Asian Cup 2015 special: Tokyo Attack (Parte I)

L'Asia riparte dopo il disastro del Mondiale brasiliano: è andata male, ma non tutto va buttato via. L'Australia ha tenuto testa all'Olanda e hanno Tim Cahill ancora in forma a 35 anni. In più, gioca quest'edizione in casa. Dall'altra parte, la Corea del Sud è uscita distrutta dall'ultima Coppa del Mondo e rischia di fallire ancora. Questa Coppa d'Asia può ridefinire certe gerarchie. Vediamo cosa e perché può cambiare nella prima parte di questo speciale (gironi A e B).


Girone A - Australia, Corea del Sud, Oman, Kuwait
Qui nessun dubbio sulle qualificate: ci sono due squadre nettamente più forti e solo un'altra in grado di giocarsi la qualificazione con loro. L'Australia è uscita ai gironi nel Mondiale, senza vittorie e con tre sconfitte. Ciò nonostante, la prova dei ragazzi del ct Ange Postecoglou è stata positiva e gli Aussies possono guardare con fiducia al futuro. Dopo il secondo posto di quattro anni fa, l'obiettivo è di vincere in casa. Non si può sognare scenario migliore, ma la pressione sarà alta. Sarà l'ultima chance per miti come Tim Cahill, che non credo si ripresenti nel 2019 per riprovarci. Il gruppo ha messo in mostra alcuni giovani interessanti all'ultimo Mondiale - Leckie, Ryan, Davidson - e dovrà fare a meno di gente come l'infortunato Nichols e del bomber Joshua "Jesus" Kennedy. Il primo posto pare alla portata.
 Accanto a loro, c'è la Corea del Sud: gli ultimi due anni sono stati traumatici. Dopo il bronzo conquistato dall'U-23 a Londra, la nazionale non ha fatto i progressi sperati. Il percorso verso il Mondiale brasiliano è stato pieno di difficoltà e sconfitte inaspettate; in Brasile, poi, sono arrivate due sonore sconfitte e appena un punto (merito di Akinfeev). Si pensava che Hong Myung-bo fosse l'uomo giusto per guidare la nazionale, ma ha fallito un'intera generazione, quella che Park Ji-Sung sperava fosse pronta. Forse sarebbe stato meglio scegliere Yoon Jong-hwan, appena liberatosi dal Sagan Tosu; invece, la scelta è ricaduta su Uli Stielike. Ok, grande giocatore. Sì, ha esperienza di nazionali (ha allenato la Svizzera e la Costa d'Avorio). Però non è la svolta che serve. Le stelle ci sarebbero anche, come Son Heung-min. Quel che manca è il gruppo. Il passaggio del turno non sembra a rischio, ma dopo chissà...
 L'unica rivale per il passaggio del turno sembra l'Oman, che viene da tre anni positivi: i Red Warriors sono arrivati a un passo dallo spareggio asiatico per il play-off intercontinentale del Mondiale, ma la sconfitta con la Giordania ha rovinato tutto. Intanto, però, sono arrivate diverse buone prestazioni e c'è il ritorno alla Coppa d'Asia dopo otto anni. Sarà la terza partecipazione e il merito va sopratutto al ct Paul Le Guen, tecnico spesso sottovalutato. Dopo una buona carriera con l'OL, i Rangers di Glasgow e il suo amato Paris Saint-Germain, il francese è diventato un international manager. Mai sotto il 40% di vittorie con i club, ha condotto il Camerun a un deludente Mondiale sudafricano. Poi la guida dell'Oman dal giugno 2011 e diversi risultati di prestigio: una vittoria e un pareggio contro l'Australia e una X sfiorata contro il Giappone. La stella è il capitano e portiere Ali Al-Habsi, l'unico componente della rosa che gioca all'estero.
 Infine, il Kuwait: anche qui parliamo di un gruppo con 22 giocatori su 23 che militano in patria, mentre l'unico "forestiero" gioca in Arabia Saudita. Guidati dal tunisino Nabil Maâloul, i Blue vengono da anni bui: dopo l'ultima Coppa d'Asia, il punto più basso si è raggiunto nello scorso novembre. Durante l'ultima Gulf Cup, il Kuwait è stato eliminato e umiliato proprio dall'Oman con un secco 5-0. Gli anni d'oro della partecipazione al Mondiale 1982 sono passati da un pezzo e non ci sono elementi per dire che quelle stagioni ritorneranno a breve.

Tim Cahill, 34 anni, all'ultima chance per vincere la Coppa con l'Australia.

Girone B - Uzbekistan, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord
Sarebbe il girone più equilibrato di tutta la competizione, ma due squadre sembrano emergere dal mucchio. La prima è l'Uzbekistan, che viene dal quarto posto del 2011. Il ct è Mirjalol Qosimov, ex giocatore della nazionale e che è già stato alla guida dei White Wolves tra il 2008 e il 2010. Il ct conosce la stella e il capitano della squadra, ovvero Server Djeparov. Il centrocampista non sarà più quello che vinse il premio di miglior giocatore asiatico nel 2008 e nel 2011, però rimane un fattore in una rassegna come questa. Mancherà un'altra stella come Geynrikh, lasciato a casa dal ct. Il gruppo è solido e ha sfiorato il play-off intercontinentale con l'Uruguay nelle qualificazioni al Mondiale brasiliano.
 L'altra è l'Arabia Saudita, in condizioni pessime nel torneo di quattro anni fa: zero punti, José Peseiro esonerato DURANTE la competizione e appena un gol realizzato. La promessa rivoluzione targata Frank Rijkaard è finita male, con l'eliminazione dal secondo round di qualificazioni asiatiche del Mondiale brasiliano per mano dell'Oman. Ma qui è arrivata la svolta: con l'arrivo di Juan Ramón López Caro, i Green Falcons hanno lasciato alle spalle il momento negativo e i grandi vecchi, come Al-Shalhoub, Al-Qahtani e Noor. Inserita in un gruppo con Cina e Iraq, l'Arabia Saudita si è qualificata facilmente alla Coppa d'Asia da imbattuta. Poi l'addio al tecnico spagnolo e l'arrivo di Cosmin Olăroiu, nuovo ct da tre settimane (solo in Asia e in Africa certe cose...) e tecnico in Arabia da tempo. Le amichevoli pre-torneo non sono state incoraggianti, ma i verdi hanno dalla loro Nasser Al-Shamrani, nominato giocatore dell'anno della confederazione asiatica.
 La terza incomoda è la Cina. O meglio, lo è sulla carta. Nonostante la sua popolazione sia poco più di un sesto di quella mondiale, la terra Zhōngguó non riesce a produrre una squadra che giochi decentemente a pallone. L'unica partecipazione al Mondiale è del 2002 e l'ultima Coppa d'Asia non è andata benissimo: fuori nel girone per mano di Qatar e proprio Uzbekistan. Sebbene nella Chinese Super League siano passati tanti campioni, la Cina non cresce come nazionale. Dopo il disastro di Antonio Camacho (cinque milioni di euro d'ingaggio!) e un 5-1 subito dalla Thailandia-B, sulla panchina della Cina si è seduto Alain Perrin, un passato all'OL e tanta voglia di ricominciare (ne avevo parlato qui). La Guózú si è qualificata alla Coppa d'Asia solo come miglior terza e per un gol di più nella differenza reti rispetto al Libano. Le prospettive non sono delle migliori.
 L'ultima del gruppo è la Corea del Nord, a cui si legano due curiosità: nessun recapito per poter contattare la delegazione arrivata in Australia da Pyongyang e solo 22 convocati sui 23 disponibili. Dopo la qualificazione al Mondiale 2010, la squadra dallo spirito Chollima è uscita ai gironi della Coppa d'Asia quattro anni fa. Alla fase finale ci è tornata grazie al netto trionfo nell'AFC Challenge Cup del 2012. Intanto è cambiato l'allenatore: via Yun Jong-su (tornato all'U-23 e sospeso per un anno dall'AFC per insulti agli arbitri), dentro di nuovo Jo Tong-sop. Nell'ultima edizione della rassegna continentale, era lui il manager: ora promette di fare di meglio. I giocatori di punta sono il capitano e portiere Ri Myong-guk, il centrocampista Ryang Yong-gi (simbolo del Vegalta Sendai) e il giovane bomber Pak Kwang-ryong (di proprietà del Basilea).

Server Djeparov, 32 anni, capitano e stella dell'Uzbekistan.

(continua domani...)

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