28.6.14

ROAD TO JAPAN: Yusuke Maruhashi

Buongiorno a tutti e benvenuti a un altro numero di "Road to Japan", la rubrica che vi mostra i migliori talenti del calcio del Sol Levante. Nel numero di giugno, non ci spostiamo di squadra e rimaniamo dalle parti del Nagai Stadium. Parliamo sempre di un ragazzo prodotto dal fiorente vivaio del Cerezo Osaka, fiocina di talenti senza sosta. Oggi vi parlo di Yusuke Maruhashi, terzino del club del Kansai.

SCHEDA
Nome e cognome: Yusuke Maruhashi (丸橋 祐介)
Data di nascita: 2 settembre 1990 (età: 23 anni)
Altezza: 1.78 m
Ruolo: Terzino sinistro, esterno di centrocampo
Club: Cerezo Osaka (2009-?)



STORIA
Nato in quel di Osaka, Maruhashi è uno dei tanti figli calcistici che il Cerezo Osaka ha regalato al calcio giapponese. Yusuke ha solo 13 anni quando entra nel vivaio del club, mentre a 19 si stabilisce finalmente in prima squadra. All'epoca il Cerezo è ancora in seconda divisione e ha bisogno di giocatori esperti per risalire in J-League: infatti, Maruhashi deve lasciar spazio ai più navigati Naoya Ishigami (24 anni) e Hiroyuki Omata (26 anni). Dall'anno successivo, quando la J-League riprende dopo il ritorno dalla Coppa del Mondo sudafricana, Maruhashi trova molto più spazio e trova anche il suo primo gol da professionista contro l'Albirex Niigata. La cosa particolare è che lo fa da attaccante mancino, posizione ben più offensiva rispetto a quella abituale.
Quando Omata e Ishigami cambiano squadra, lo fanno perché Maruhashi ha ormai preso il posto da titolare ai loro danni. Son bastati sei mesi a tutta per convincere Levir Culpi che lui è l'uomo giusto per fare il terzino sinistro nel Cerezo Osaka. E così Maruhashi riesce anche a esordire in Champions League asiatica. E fin da quel giugno 2010, il club e i vari allenatori che si sono succeduti alla guida del Cerezo non hanno mai dubitato di Maruhashi.

CARATTERISTICHE TECNICHE
La duttilità è sicuramente la dote migliore di Maruhashi: Levir Culpi prima, Popovic poi l'hanno utilizzato come meglio credevano. Il classe '90 è un terzino sinistro, ma può giocare da esterno sinistro, centrale difensivo e all'occorrenza anche interno sinistro in un 3-5-2. Insomma, un eclettico utile in questi tempi difficili, in cui l'allenatore delle volte cambia il modulo in più partite (vago riferimento a quanto successo con la nazionale italiana). Tanta corsa, dovrebbe migliorare un pochino sul dribbling secco: è bravo a inserirsi, ma a Maruhashi manca lo spunto secco sull'avversario.

STATISTICHE
2009 - Cerezo Osaka: 0 presenze, 0 reti
2010 - Cerezo Osaka: 31 presenze, 4 reti
2011 - Cerezo Osaka: 46 presenze, 1 rete
2012 - Cerezo Osaka: 34 presenze, 1 rete
2013 - Cerezo Osaka: 41 presenze, 1 rete
2014 - Cerezo Osaka (in corso): 20 presenze, 2 reti

NAZIONALE
Già presente in U-15 e in U-23, Maruhashi deve ancora esordire con la nazionale maggiore. E stranamente non c'era neanche alle Olimpiadi di Londra, dove forse il terzino avrebbe fatto una buona figura. Zaccheroni l'aveva preso in considerazione nella lista dei 50 pre-convocati, ma poi ha fatto altre scelte. Chissà che Maruhashi non possa esser considerato nel post-Mondiale brasiliano. Anche se la presenza di Nagatomo e Gotoku Sakai nel suo ruolo non lo aiuterà di certo.

LA SQUADRA PER LUI
Di gavetta ne ha fatta parecchia. Non ha la fama di chi nasce e vola immediatamente fuori dai confini nipponici. Sono anni che gioca a Osaka da titolare ed è pronto per una nuova esperienza. Sarebbe un affare sicuro, con pochi margini di rischio: personalmente mi piacerebbe molto vederlo in Olanda, dove i terzini spingono e dove uno come Maruhashi potrebbe fare un figurone. Anche in Francia troverebbe diverse squadre pronte ad abbracciarlo.

26.6.14

Un brutto risveglio.

Delusione. Credo che sia questa la parola giusta che descrive la Coppa del Mondo appena disputata dalla mia nazionale del cuore. Tante aspettative, ma poi la realtà ha fatto il suo corso, in un girone per altro relativamente semplice. Per Zaccheroni è stato un brutto risveglio, così come per tutti i tifosi del Giappone. Ma voi pensate che stessi parlando dell'Italia? No, mi prendo quest'angolino di spazio per fare una piccola analisi sullo psicodramma che è stato questo Mondiale per la Nippon Daihyo.

Alberto Zaccheroni, 61 anni, ha dato l'addio al Giappone dopo quattro anni.

L'entusiasmo era tale che ha fatto volare in alto i più ottimistici, ma i risultati sono stati deludenti. Questo Mondiale è apparso per molte cose simile a quello del 2006. Allenatore straniero (Zico), vittoria nella Coppa d'Asia prima del Mondiale (in Cina nel 2004), alcuni risultati di prestigio, risultati del girone quasi identici. In Germania, il Giappone perde 3-1 con l'Australia, pareggia 0-0 con la Croazia e affonda nel match finale contro un Brasile già qualificato per 4-1. Otto anni dopo, le cose sono andate in maniera molto simile: prima sconfitta contro la Costa d'Avorio per 2-1 (dopo esser andati in vantaggio, proprio come contro l'Australia nel 2006), 0-0 con la Grecia (altra europea) e 4-1 finale subito dalle riserve della Colombia (punteggio identico). Risultato? Un punto, due gol fatti, sei subiti, zero soddisfazioni. E il rammarico aumenta vedendo che gli ellenici son passati agli ottavi e se la giocheranno con il Costa Rica.
Cosa è andato storto? Tante cose. Innanzitutto la squadra è arrivata in condizioni pessime a questo Mondiale. Sicuramente a livello fisico, ma sopratutto a livello psicologico: il Giappone, salvo l'ultimo match, non è mai stato in grado di imporre il proprio gioco. E non è un caso che il non esserci riusciti nei primi due incontri sia stato l'errore più pesante: immaginate l'affrontare la Colombia con un pareggio e una vittoria in tasca. Anche perdere sarebbe bastato con il 2-1 della Grecia. Un peccato. Il calcio giapponese, quello del possesso e delle verticalizzazioni di Zac, non ha scalfito una Grecia ridotta in dieci. Un segnale piuttosto inquietante.
Ha contato anche la condizione psicologica. La stagione 2013-14 è stata negativa per molti componenti della nazionale: basti pensare a ciò che hanno passato Honda e Kagawa durante tutta l'ultima annata. A questo Mondiale, gli unici arrivati in ottimi condizioni psico-fisiche sono stati Kawashima, Kawaguchi, Nagatomo e Okazaki. Guarda un po', i salvabili della mediocre spedizione nipponica. Condizione che si è riflessa nel modo di giocare del Giappone: la squadra nelle prime due gare è stata irriconoscibile, mai in grado di imporre in maniera importante il suo gioco. In difesa, i soliti guai sono rimasti e son costati caro. Basti pensare ai due gol presi contro la Costa d'Avorio, praticamente identici e con due errori in fotocopia. Persino gente come Uchida e Nagatomo - di solito affidabili - si è ritrovata in difficoltà.

Shinji Kagawa, 25 anni, ha deluso le attese in questo Mondiale.

E così si chiude male il quadriennio di Alberto Zaccheroni, che ieri ha anche rassegnato le dimissioni da C.T. del Giappone. Non una novità: non c'era aria di rinnovo e il suo contratto scade dopo questo Mondiale, ma il gesto è stato comunque forte. Come Prandelli, il tecnico non ha scelto di aspettare il verdetto della sua federazione, ma ha deciso per sé il proprio futuro. Il giudizio su di lui rimane positivo per quanto mi riguarda: certo, l'ultimo anno e mezzo ha rovinato la sua reputazione da santone in Giappone, ma non dobbiamo dimenticare i passi avanti che la Nippon Daihyo ha fatto nel gioco. Okada portò i nipponici agli ottavi in Sudafrica giocando un calcio difensivo, con tre mediani e Honda punta. Zac ha fatto di meglio, puntando tutto su un 4-2-3-1 d'attacco. E il Giappone ha battuto Argentina, Francia, Belgio, ha messo sotto l'Italia, ha pareggiato con l'Olanda. Certo, la squadra ha mancato di sostanza negli appuntamenti ufficiali: tra Confederations Cup e Mondiale, il Giappone ha giocato sei partite. Cinque sconfitte, un pareggio a reti bianche con la Grecia. Risultati che non hanno pagato.
Forse si dice addio anche a una delle leggende del calcio giapponese in nazionale: Yasuhito Endo. Il suo Mondiale è stato quello che ci si aspettava: giocate a basso ritmo, male con la Costa d'Avorio, benino con la Grecia. Con la Colombia, invece, è rimasto in panchina. Potrebbe lasciare dopo 146 presenze con la maglia nipponica: vedremo. Di sicuro, credo che ci sia bisogno di dar spazio ai più giovani: lui è l'indiziato numero uno per lasciare la nazionale. E poi il suo erede l'ha già indicato. Quel Gaku Shibasaki dei Kashima Antlers potrebbe esser il nuovo Endo. POTREBBE.
I senatori avranno molte domande da farsi. Leggo di un Uchida indeciso - a 26 anni! - se lasciare o meno la nazionale. Mi sembra una decisione affrettata e che riflette una delle grandi mancanze di questo Giappone. Quello che invece hanno mostrato l'Uruguay, il Messico o il Belgio nei momenti difficili: il carattere. Al Giappone non mancano i giocatori (anche se in qualche ruolo si può migliorare), ma mancano gli uomini. Kagawa e Uchida, ad esempio, sono alcuni tra i leader tecnici di questa squadra, ma son mancati in abnegazione e concentrazione in questo Mondiale. Specie in alcune gare: Uchida in quella con la Colombia, Kagawa in quella contro la Costa d'Avorio.
E ora? Si riparte. Alla caccia di un nuovo allenatore: Javier Aguirre è il favorito numero uno, ma io preferirei qualche tecnico giapponese. O qualcuno che conosca profondamente la realtà giapponese. E questo qualcuno si chiama Dragan Stojkovic. Ha giocato e allenato il Nagoya Grampus, è libero ed è un ex calciatore di fama internazionale. Credo che non si possa volere di meglio per questa squadra. Vedremo, intanto a gennaio c'è la Coppa d'Asia in Australia. Ci sarà bisogno di introdurre qualche elemento nuovo, lasciarne qualcuno per strada. Sperimentare e trovare nuovi eroi, specie in difesa. Per il Giappone è stato un brutto risveglio: speriamo che il viaggio da qui al Mondiale russo del 2018 vada meglio.

La delusione della Nippon Daihyo: sarà il Mondiale dei rimpianti.

21.6.14

Il crollo dei giganti.

Più sei in alto, più la tua caduta fa un rumore pazzesco. Strano a dirlo, ma due squadre si sono guadagnate ex-aequo il titolo poco onorifico di "prima compagine eliminata dal Mondiale". Se è una stata l'Australia (e forse era prevedibile), l'altra è la Spagna. Come la Spagna? Sì, la Spagna. Le Furie Rosse. Quelli dei due Europei e del Mondiale vinti nel quadriennio 2008-2012. Quelli del tiki-taka. Quelli del falso nueve e delle verticalizzazioni improvvise. Tutti si guardano sgomenti mentre il re decade e già si pensa alla successione.

Diego Costa, 25 anni, un esperimento fallito con la Roja a questo Mondiale.

Premesso che il sottoscritto non si aspettava un finale del genere, tutti sono rimasti stupiti. Io ho pronosticato la Spagna in finale all'inizio di questo Mondiale, magari contro la Germania per una rivincita dell'Europeo 2008. E qualche segnale di difficoltà c'era stato, ma nulla da far pensare a un'uscita nel girone. Per altro, gli iberici hanno incrociato un'Olanda composta da giovani in rampa di lancio e i soliti noti (van Persie, Robben, Sneijder, De Jong) e un Cile molto compatto e divertente, ma che ancora doveva esser testato alla prova finale. Ci aspettavamo tra i sette e i nove punti, invece gli spagnoli son fuori con zero e senza un gol su azione. Tante le cause.
Fra tutte, la prima è la caduta dell'efficace sistema difensivo. Guardate il cammino nella fase a eliminazione diretta del Mondiale vinto in Sudafrica: quattro 1-0 e passa la paura. Tra 2008 e 2012, in partite ufficiali tra Europei e Mondiali, la Spagna ha incassato solo sei gol in 19 partite. Restringendo lo scenario alle fasi a eliminazioni diretta di quelle competizioni, la Furie Rosse non hanno preso alcuna rete nelle dieci gare per i tre titoli. Un record. Tutto passato in secondo piano di fronte allo scenario di questo Mondiale: sette reti incassate in due match contro Olanda e Cile. Un Casillas incertissimo, Jordi Alba praticamente irriconoscibile e Azpilicueta deludente. Il Mondiale deve ancora finire, ma finora la squadra di del Bosque ha la peggior difesa dell'intera competizione. Ed è una di quelle che ha fatto più errori difensivi (per altro nel 50% conclusi da gol avversari).
Secondo, la condizione fisica. Una stagione tirata fino alla fine in Liga, con tre squadre in lotta per il titolo fino alla penultima giornata. Lo scontro del Camp Nou tra Barcellona e Atlético Madrid per l'assegnazione del campionato, seguito dalla finale di Champions League a tinte iberiche tra la due compagini di Madrid. Molti sono arrivati stirati a fine annata, esausti dopo un anno in cui hanno dato tutto per vincere qualcosa. Non per nulla - tranne Javi Martinez, David Silva e Azpilicueta - i giocatori della Spagna che fin qui sono comparsi al Mondiale giocano tutti in patria. Due o tre sono sembrati in condizioni accettabili, gli altri non si sono mossi molto sul campo. La deficitaria condizione fisica non ha permesso neanche l'attuazione di un adeguato gioco offensivo. Il tiki-taka da fermo non l'ha mai fatto nessuno, figuriamoci con passaggi di media sui 15 metri. E sopratutto a questo Mondiale, se non corri, sei finito: non è un caso che la Spagna abbia finora segnato solo su calcio da fermo, con il rigore trasformato da Xabi Alonso contro l'Olanda.
Terzo, Diego Costa. L'azzardo alla fine non ha pagato. Purtroppo inserirlo in un contesto diverso da quello dell'Atletico e in un gioco particolare come quello del tiki-taka non ha reso come sperato. Certo, qualcuno potrà dire che Torres, Llorente o Negredo - centravanti come Diego Costa - hanno reso nel modulo della Spagna. Sì, ma Llorente e Negredo a questo Mondiale non ci sono e Torres è in condizioni misere da un paio d'anni. In più, ho come l'impressione che i fischi dei tifosi brasiliani a ogni pallone toccato non abbiano aiutato il centravanti dell'Atlético.

Vicente del Bosque, 63 anni, è il commissario tecnico di questa Spagna.

Quarto, la riconoscenza. Credo che la vicenda dell'Inter del Triplete abbia insegnato come la riconoscenza sia giusta, bellissima, romantica, ma anche molto pericolosa. Quando stravinci, vuol dire che la tua squadra - al 99% dei casi - è al massimo della sua condizione. Ergo potrà ripetersi al massimo, ma di certo non potrà far meglio di quanto ha già fatto. Questo è successo alla Spagna di del Bosque, che a certi senatori non ha voluto rinunciare. Che avrebbe potuto ripetersi, fare un altro grande Mondiale e magari pure vincerlo. Ma se aggiungete questo elemento ai tre precedenti, beh, lo scenario di una seconda Coppa del Mondo si è reso impossibile fin da subito.
Quinto, il tempo. I cicli sono fatti per nascere, durare e morire. Questa Spagna se l'è goduta finché ha potuto e l'ha fatto. Prima di questo ciclo di vittorie, siamo stati abituati a una Spagna forte, ma non da trionfo finale. Ricordo ancora da ragazzo che quando si avvicinava un Mondiale o un Europeo, ogni volta la Spagna era puntualmente tra le favorite alla vittoria finale per forza complessiva e talenti in campo. Eppure a Francia '98 è uscita nel girone, a Euro 2000 Raul ha sbagliato il rigore del pareggio nei quarti di finale contro la Francia. Nel 2002 gli iberici son stati derubati dalla Corea del Sud (forse in quel caso sarebbero potuti arrivare in fondo), mentre nel 2004 si sono inchinati al Portogallo padrone di casa e alla Grecia campione d'Europa. Per finire, a Germania 2006 incontrano la Francia poi vice-campione del Mondo ed escono agli ottavi. Insomma, mancava lo step finale. Che c'è stato. Ma adesso bisogna ripartire da capo.
Ora la domanda è: quest'evento mette la parola "fine" a una storia vincente? Se parliamo della Spagna di del Bosque, può essere. In fondo, il tecnico ha raccolto il lavoro di Aragonés e ha fatto quello che poteva. Ha saputo tenere il gruppo insieme, sfruttare la crescita planetare di alcuni suoi giocatori e in alcuni casi ha pure rivitalizzato gente che non se la passava bene nei propri club (Torres, Arbeloa, Casillas). E ha anche fatto sapere che è pronto a farsi da parte. Purtroppo certi incantesimi non durano per sempre. Perché questa Spagna è stata una magia: una striscia di 35 partite consecutive senza sconfitta, due Europei vinti, un Mondiale dominato. Ma ora è tempo di lasciare il testimone a qualcun'altro. Alla Spagna rimane la gara con l'Australia per salvare almeno la faccia, al mondo un crollo dei giganti che non ci saremmo mai aspettato.

Fernando Torres, 30 anni, Iker Casillas, 33, e Andres Iniesta, 30, salutano il Mondiale.

19.6.14

Il maestro della provincia.

Ieri sera la Serie B ha chiuso i battenti, con il ritorno della finale play-off e la promozione del Cesena sul campo del Latina. Ma la stagione di cadetteria ha celebrato - se mai ce ne fosse bisogno - la figura di un mister che da anni fa bene in una piazza di provincia. Tipico della B, ma è una storia particolare che merita attenzione. La piazza è quella di Cittadella, piccolo comune nel padovano. L'uomo è Claudio Foscarini, un decennio alla guida del club veneto e ora indeciso sul restare o meno. Nonostante un'altra ottima stagione.

Andrea Pierobon, 44 anni, secondo portiere e guida della squadra veneta.

Una società giovane, nata nel 1973 per mano della famiglia Gabrielli, e che ha una storia in cadetteria di discreto successo nell'ultimo decennio. Diciamo che il Cittadella - per organizzazione, scoperte e militanza in categorie professionistiche - può essere accostato al caso del Chievo: una squadra che ogni anno lotta per la salvezza in Serie B, con nuovi giocatori e che cerca di monetizzare i giocatori che si affermano durante il campionato. Tanti anni trascorsi nella vecchia C2, poi l'arrivo del profeta Ezio Glerean ha cambiato tutto. Il tecnico di San Michele al Tagliamento è stato uno dei più caratteristici degli anni '90: giocava un 3-3-4 tutto offensivo e un calcio totale all'olandese, con un pressing alto. Questo modulo permette al Cittadella di vincere i play-off per due anni consecutivi, raggiungendo la cadetteria nel 2000. La prima tornata in B dura appena due anni, ma consente al club di fare esperienza.
Mentre Rolando Maran traghetta la squadra per tre anni in C, il protagonista della nostra storia si forma allenando le giovanili del Cittadella. Quando Maran e il club veneto si separano, è lui a prendere in mano le redini della prima squadra. Dopo molti anni, il destino del Cittadella si regge su due uomini. Uno lavora fuori dal campo e si vede di meno, l'altro fa l'allenatore ma anche lui non ama la visibilità. Uno è Stefano Marchetti, direttore generale e nel club da un decennio; l'altro è Claudio Foscarini, l'allenatore dal lontano 2005. Una longevità nel Cittadella quasi condivisa tra i due. Una coppia che ha valorizzato una marea di giocatori dalle parti del Tombolato: Cherubin, Rubin, Iori, Coralli, Gabbiadini, Baselli, Biraghi. Per non parlare degli attaccanti: Ardemagni, Meggiorini e Piovaccari hanno segnato almeno 18 gol stagionali sotto la guida di Foscarini. Anzi, il Pifferaio ha pure concluso il 2010-11 in B da capocannoniere.
Proprio Foscarini è il protagonista della nostra storia. Se date un'occhiata agli allenatori che c'erano quest'anno in tutte le categorie professionistiche, non troverete nessuno con la continuità di Foscarini. Se escludiamo il particolarissimo caso del Virtus Vecomp Verona (dove il presidente-allenatore Luigi Fresco è in carica dal 1982!), nessun tecnico è sulla stessa panchina da tanto tempo quanto Foscarini. Egli è stato anche il fautore del miracolo Alzano Virescit: il tecnico di quella squadra era proprio lui, con il miracolo che è durato appena una stagione, ma che ha lasciato un segno indelebile nel calcio di provincia. Poi l'incontro con il Cittadella: Foscarini è in carica dal 2005 e non ha mai sbagliato un colpo in questi anni. Nel 2008, dopo la finale play-off con la Cremonese, il tecnico ha riportato il Cittadella in Serie B. Da quel momento, le salvezze sono sempre state raggiunte, per altro evitando la pericolosa appendice dei play-out. In più, nel 2009-10, arriva il sesto posto in campionato che vale una possibilità ai play-off. Certo, il Cittadella esce subito nella semifinale con il Brescia, ma per un attimo al Tombolato hanno sentito com'è l'odore della Serie A.

Federico Piovaccari, 29 anni, capocannoniere in B con il Cittadella nel 2010-11.

Anche (e sopratutto) quest'anno tutto sembrava complicato: il Cittadella non è riuscito a uscire dal guado. Il club veneto ha venduto in estate Biraghi, Baselli, Cordaz, Vitofrancesco e Schiavon. Poi ha perso anche Di Roberto (diretto a Varese) a metà campionato ed è ripartito per l'ennesima volta da zero. Una mossa che non ha pagato nelle prime giornate: fino a metà campionato, il Cittadella ha stazionato stabilmente in zona retrocessione. Poi la svolta tra aprile e maggio: 16 punti in sette gare hanno cambiato la stagione della squadra di Foscarini, che è uscita dalla zona pericolante e ha pure evitato i play-out, costringendo allo scontro finale Novara e Varese. Un altro miracolo, in una stagione in cui il vicino e blasonato Padova scende mestamente in Serie C.
A questo traguardo hanno contribuito dei ragazzi giovani e altri giocatori che sembravano ormai scartati anche dalle grandi di B. L'esempio massimo è Claudio Coralli, che l'anno scorso era finito. Con l'Empoli, l'attaccante aveva giocato appena sei minuti nell'intero 2012-13. Eppure il Cittadella - che già lo aveva avuto alle sue dipendenze - ci ha creduto e l'attaccante ha ripagato la fiducia con nove reti, fondamentali per la salvezza dei veneti. Ha fatto bene anche Milan Djuric, arrivato al Parma, ma che poi ha fatto il giro di diverse società. Quando il Cittadella l'ha rilevato in prestito a gennaio, il bosniaco ha ripagato i padovani con quattro gol che sono serviti alla salvezza. E chissà ora quale sarà il suo futuro. Il suo dovere l'ha fatto anche Juan Surraco: potenzialmente è da Serie A, ma la tecnica dell'uruguayano non è accompagnata dalla stessa diligenza in campo. Va a folate. E tre gol - contro Palermo, Novara e Carpi - sono valsi cinque punti.
E che dire dietro? Massimiliano Busellato, classe '93 e cresciuto nelle giovanili del club, sarà il prossimo pezzo pregiato del mercato del Cittadella: quest'anno ha fatto una buona stagione e ci sono grossi margini di miglioramento. Così come si è rilanciato Nicola Rigoni, che tornerà al Chievo dopo il prestito al Cittadella. Dietro si è distinto il centrale e capitano Michele Pellizzer, ma sopratutto Raffaele Di Gennaro. Il portiere è arrivato in prestito dall'Inter, ma è escluso che rimanga un altro anno in Veneto: lo aspetta la Serie A. Anche perché quest'anno il ragazzo ha subito solo 47 gol in 39 gare e ha all'attivo un paio di rigori parati. Non poco per un classe '93, alla prima esperienza serie nel calcio professionistico.
Insomma, a Cittadella cambiano gli eroi e l'ordine degli addendi, ma il risultato finale no. L'importante è che ci sia qualcosa che segnali la continuità. E lo si vede anche in campo: nel club c'è ancora Andrea Pierobon. Portiere di riserva, continua a far bene alla veneranda età di 44 anni (!) ed è diventato il giocatore più vecchio ad aver giocato nella storia di A e B. L'estremo difensore ha pure parato un rigore a Pulzetti in Cittadella-Siena dello scorso aprile. Aveva debuttato proprio con il Cittadella nel 1987, quando i veneti erano ancora in Interregionale e nel Milan giocavano van Basten, Rikjaard e Gullit. A 36 anni, nel 2005, è tornato al Tombolato. Curiosamente, torna proprio mentre Foscarini viene nominato tecnico. Si pensa che Pierobon stia per smettere, invece... è sempre là. Come Foscarini, l'uomo del miracolo Cittadella, che ora rifletterà sul suo futuro: rimarrà o meno?

Claudio Foscarini, 55 anni, ha raggiunto l'ennesima salvezza con il Cittadella.

14.6.14

UNDER THE SPOTLIGHT: Santiago Arias

Buongiorno a tutti e benvenuti a un'altra puntata di "Under The Spotlight", lo spazio nel quale provo a consigliarvi i migliori talenti sparsi in giro per il mondo, ma ancora sconosciuti al grande pubblico. Oggi vi racconto la storia di un ragazzo che tenta la seconda esplosione della sua carriera. Già, perché la prima - in Portogallo - non è andata bene. E allora lui ci riprova, con il Mondiale alle porte e la possibilità di far bene. Sto parlando di Santiago Arias, terzino destro del PSV di Eindhoven.

SCHEDA
Nome e cognome: Santiago Arias Naranjo
Data di nascita: 13 gennaio 1992 (età: 22 anni)
Altezza: 1.75 m
Ruolo: Terzino destro
Club: PSV Eindhoven (2013-?)



STORIA
Nato in quel di Medellín nel gennaio del 1992, Arias cresce ne La Equidad, squadra di Bogotá militante nella Categoría Primera A (la prima divisione colombiana). Il promettente Santiago cresce nelle giovanili del club, ma è Alexis García - tecnico della prima squadra - a fargli fare il grande salto a soli 17 anni. Storie comuni nel calcio sudamericano, dove i giovani vengono impiegati il prima possibile. Nel 2011, Arias attira l'interesse degli scout dello Sporting di Lisbona: con i pochi soldi che girano a causa di una crisi finanziaria, i Leoni acquistano Arias. Tuttavia, quella che sembra un'ottima chance per emergere rappresenterà una delusione. Allo Sporting il colombiano gioca poco in due anni: sono nove le presenze totali in quel di Lisbona. Anzi, durante la seconda stagione Arias viene spedito alla squadra B dello Sporting, dove ha l'occasione quanto meno di tenersi in forma.
La prima grande chance nel calcio europeo è andata male, ma poco importa. La sua giovane età consente ad Arias di riprovarci altrove. Il colombiano saluta Lisbona e si trasferisce in Olanda la scorsa estate. A prelevare il suo cartellino è il PSV, in cerca di nuovi giovani da lanciare e che aveva già provato nel gennaio 2013 a prelevare il colombiano. Il club di Eindhoven vede le difficoltà finanziarie dello Sporting e preleva in un unico pacchetto Arias e l'olandese Schaars per un milione e mezzo di euro. Dopo un anno, possiamo dire che è stato un affare: Arias ha giocato un paio di gare con le giovanili del PSV, salvo poi passare in prima squadra e rimanerci in pianta stabile. Quest'anno il terzino ha collezionato - tra Eredivisie ed Europa League - 30 presenze e la prima rete nella sua avventura olandese (realizzata contro il Twente).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Nonostante la giovane età, va detto che Santiago Arias pare già ben messo sotto il profilo tattico. Molto attento riguardo la sua posizione in campo, il colombiano può dare un'accelerazione alla manovra con le sue fughe sulla fascia. Non ha la velocità di Cuadrado, ma sullo scatto secco darebbe problemi a tanti. Fisicamente deve farsi, anche se non ha paura dei contrasti.

STATISTICHE
2009 - La Equidad: 13 presenze, 0 reti
2010 - La Equidad: 7 presenze, 0 reti
2011 - La Equidad: 7 presenze, 0 reti
2011/2012 - Sporting Lisbona: 8 presenze, 0 reti
2012/2013 - Sporting Lisbona: 1 presenza, 0 reti
2012/2013 - Sporting Lisbona B: 28 presenze, 1 rete
2013/2014 - PSV: 32 presenze, 1 rete
2013/2014 - → Jong PSV: 2 presenze, 0 reti

NAZIONALE
Se la sua carriera con i club ha avuto alti e bassi, è la nazionale ad aver valorizzato molto bene il talento di Santiago Arias. A partire dal 2011, quando una giovane Colombia vinse il Torneo di Tolone e fece una buona figura al Mondiale U-20 giocato in casa. Inoltre, Arias aveva già giocato il Mondiale U-17 nel 2009. Insomma, un frequentatore abituali delle nazionali giovanili. Poi Pekerman l'ha rispolverato per la prima squadra nel 2013, quando il terzino del PSV ha anche giocato nel girone di qualificazione sudamericano. Ora Arias è al Mondiale con la sua Colombia e ieri ha anche esordito contro la Grecia.

LA SQUADRA PER LUI
Il Manchester United lo aveva osservato ad aprile, quando si vociferava di un'offerta da quasi dieci milioni di euro da parte dei Red Devils. Chissà che lo United non torni alla carica in estate con van Gaal alla guida, magari dopo il Mondiale. Non sarà facile: il contratto del colombiano con il PSV scade nel 2017 e la clausola di rescissione è sui 12 milioni di euro. Forse un'altra stagione a Eindhoven potrebbe esser la soluzione migliore: il PSV aveva una squadra giovane nell'ultima stagione. Con l'esperienza maturata, sarà una delle squadre più interessanti da seguire nel 2014-15. Così come Arias...

11.6.14

Fermare gli iberici (Parte III).

I Mondiali sono ormai alle porte. Convocazioni fatte, liste chiuse, protagonisti pronti e assenze rimpiante. Tutti in attesa di quel calcio d'inizio tra Brasile e Croazia del 12 giugno prossimo all'Arena di San Paolo, che ci porterà dentro alla ventesima edizione della Coppa del Mondo. Prima, però, cerchiamo di capirci qualcosa, analizzando girone per girone le squadre, i giocatori, le loro storie e quanto potranno esser protagonisti in quest'attesissima rassegna intercontinentale. Dove l'obiettivo è interrompere l'egemonia della Spagna, vincitrice di due Europei e dell'ultimo Mondiale. Ecco la prima parte di quest'introduzione alla Coppa del Mondo brasiliana.

Il Brazuca, pallone ufficiale del Mondiale, e la Coppa del Mondo: un binomio vincente, ma per chi?

LE ASSENZE
Parlare degli assenti è ingiusto verso coloro che fanno la storia, ma anche chi non c'è ha comunque un posto assicurato in essa. Bisogna dividere gli assenti in due categorie. La più classica è quella degli infortunati. In questa, troviamo nomi importanti: le menzioni più importanti sono per Radamel Falcao, Marco Reus e Franck Ribery. Il colombiano si è infortunato a gennaio: sembrava fuori, poi Pékerman ha provato a recuperarlo in tutti i modi, ma non ce l'ha fatta. Il tedesco era pronto per un gran Mondiale, poi si è rotto la caviglia in un'amichevole contro l'Armenia. Il francese, che viene da due anni a tutta, ha dovuto rinunciare al Mondiale per dolori alla schiena. Poi ci sono Walcott e Jay Rodriguez, Benteke, Papadopoulos, Thiago Alcantara, Shirokov, Mati Fernandez, van der Vaart. L'Italia, invece, dovrà fare a meno di Riccardo Montolivo, infortunatosi in un'amichevole contro l'Irlanda.
La seconda categoria è meno nutrita, ma ugualmente importante: quella dei non-convocati. Storicamente c'è sempre un gran parlare di questi mancati protagonisti, perché sono quelli che verranno nominati il giorno dopo l'eliminazione della propria nazionale. «Eh, se ci fosse stato lui, saremmo andati avanti»: quante volte è successo? L'ultima, nel 2010, avvenne proprio in Italia pensando alla mancata convocazione di Cassano. Stavolta ci sono due casi. Il primo è quello di Carlos Tevez. Dopo i tanti gol con la Juve, si è pensato che il C.T. Sabella - che non gli ha mai voluto bene, per usare un eufemismo - lo chiamasse. Invece niente. Attenzione però: l'Argentina davanti ha Messi, Aguero e Higuain, più Palacio. Diciamo che l'assenza è giustificata. L'esclusione impensabile di questo Mondiale è invece quella di Landon Donovan: sarebbe stata la quarta Coppa del Mondo per lui, invece Klinsmann l'ha lasciato a casa, generando un caso mediatico negli Stati Uniti. Ho il vago timore che se ne pentirà. Mancherà anche gente come Marquinhos, Rami, Nasri, Negredo e Llorente. In più, non ci saranno Ashley Cole (addio alla nazionale), Mario Gomez (con la Fiorentina non è andata bene), Quaresma e Erick Lamela, sparito nell'ultimo anno al Tottenham. Curiosità finale sulla Germania: la presenza di Neuer permette di lasciare a casa ter-Stegen e Leno. Beati loro.

I GIOVANI (Under 20)
Diversi i prospetti che potrebbero uscire da questa Coppa del Mondo. Ne ho scelti cinque spulciando tra le rose delle varie nazionali. Il primo è senza dubbio Luke Shaw, classe '95 del Southampton e vice-Baines nell'Inghilterra: ne sentiremo parlare. Il secondo è Julian Green, anche lui classe '95: talentino degli USA di Klinsmann, il ragazzo avrà spazio nel Bayern Monaco di Guardiola. Il terzo è l'olandese Memphis Depay, ala classe '94 del PSV Eindhoven: van Gaal avrà un occhio di riguardo per lui. Il quarto è Kenneth Omeruo, classe '94 di proprietà del Chelsea, ma che ha giocato l'ultima stagione a Middlesborough. Ragazzo forte fisicamente, può giocare sia da centrale difensivo che da terzino. Infine, l'ultimo nome è Mathias Ginter: centrale del Friburgo, il C.T. della Germania crede molto in lui.

Carlos Tevez, 30 anni: niente Mondiale per lui, nonostante i gol con la Juventus.

I PROTAGONISTI
Quelli principali saranno tre. Non ci sono dubbi sul fatto che Lionel Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar siano il trio più atteso a questo Mondiale. L'argentino e il brasiliano per la vittoria finale, il portoghese per confermare il suo stato di grazia. Messi è alla chance buona: l'Argentina ha un buon tabellone, arrivare fino ai quarti senza grosse fatiche è possibile. Poi toccherà all'asso del Barcellona metterci (finalmente) qualcosa di suo. Per quanto riguarda CR7, a lui toccherà principalmente trascinare il Portogallo dalla fase a gironi. Se c'è veramente tanta classe, non dovrebbe essere impossibile: a Euro 2012 ci è riuscito, vedremo cosa accadrà al Mondiale. Tutto quello che arriva dagli ottavi in su è da considerare come un miracolo: il Portogallo è tutt'altro che irresistibile. Infine Neymar: il suo primo anno al Barcellona non è stato proprio da ricordare. In nazionale, invece, continua a mostrare discreti numeri. Alle prime partite serie in Confederations Cup l'anno scorso, l'ex Santos non ha deluso le attese. Ora la prima Coppa del Mondo: Neymar è veramente irresistibile o questi due-tre anni di stardom sono stati una mera illusione? Al Mondiale la sentenza definitiva.

I PRONOSTICI (in grassetto le qualificate)
A mio modo di vedere, potrebbero esserci questi ottavi di finale. Nella parte alta del tabellone gli incroci sarebbero Brasile-Olanda, Colombia-Italia, Svizzera-Bosnia e Germania-Russia. Dall'altro lato del tabellone, invece, ci ritroveremmo con Croazia-Spagna, Giappone-Uruguay, Francia-Argentina e Ghana-Belgio. Ai quarti di finale, le partite sarebbero Brasile-Colombia, Svizzera-Germania, Spagna-Uruguay e Francia-Belgio.
In semifinale i padroni di casa del Brasile se la vedrebbero a Belo Horizonte con la Germania di Klose, mentre a San Paolo ci sarebbe lo scontro fra Spagna e Belgio. A quel punto, secondo me ci sono buone probabilità di un remake della finale dell'Europeo 2008. E sul risultato della finale, beh, fate vobis. Poi sapete come sono i pronostici: son semplicemente fatti per essere smentiti. Buon Mondiale a tutti.

Bastian Schweinsteiger, 29 anni, e Andres Iniesta, 30: altro scontro in finale?

8.6.14

Fermare gli iberici (Parte II).

I Mondiali sono ormai alle porte. Convocazioni fatte, liste chiuse, protagonisti pronti e assenze rimpiante. Tutti in attesa di quel calcio d'inizio tra Brasile e Croazia del 12 giugno prossimo all'Arena di San Paolo, che ci porterà dentro alla ventesima edizione della Coppa del Mondo. Prima, però, cerchiamo di capirci qualcosa, analizzando girone per girone le squadre, i giocatori, le loro storie e quanto potranno esser protagonisti in quest'attesissima rassegna intercontinentale. Dove l'obiettivo è interrompere l'egemonia della Spagna, vincitrice di due Europei e dell'ultimo Mondiale. Ecco la prima parte di quest'introduzione alla Coppa del Mondo brasiliana.

Il momento-chiave della finale 2010: Andres Iniesta, 30 anni, sta per segnare l'1-0 decisivo.

GIRONE E
Svizzera
C.T.: Ottmar Hitzfield | Capitano: Gokhan Inler | I fondamentali: Inler, Stocker, Drmić
La Svizzera giunge in Brasile dopo esser maturata ulteriormente in questi due anni. Sotto la guida di Hitzfield, la qualificazione è arrivata in un girone relativamente semplice. Ciò nonostante, la Svizzera può essere la mina vagante di questo Mondiale: se passasse il girone (da prima classificata?), nessuno vorrebbe trovarsela di fronte. Due terzini di fama internazionale (Lichsteiner e Rodriguez), ma saranno sopratutto centrocampo e attacco a determinare le fortune degli elvetici: Inler e Xhaka non hanno attraversato una grande stagione, mentre davanti ci sono Seferović e Drmić, in cerca della definitiva consacrazione a livello planetario.

Ecuador
C.T.: Reinaldo Rueda | Capitano: Antonio Valencia | I fondamentali: Paredes, Valencia, Caicedo
Svizzera e Francia sembrano più forti, ma attenzione all'Ecuador. Nessuno li dava al Mondiale, eppure sono arrivati quarti nel girone sudamericano, costringendo l'Uruguay agli spareggi. L'infortunio dell'esperto Segundo Castillo non li aiuta, ma il mediano ci sarà comunque nel gruppo che andrà in Brasile. Solo due gli elementi rimasti dalla prima partecipazione nel 2002: Walter Ayoví e Édison Méndez. Davanti si punta molto sulla vena realizzativa di Felipe Caicedo, emigrato da qualche tempo ad Abu Dhabi dopo anni in Europa. Alla guida c'è Reinaldo Rueda, che aveva già portato l'Honduras al Mondiale quattro anni fa.

Francia
C.T.: Didier Deschamps | Capitano: Hugo Lloris | I fondamentali: Varane, Pogba, Benzema
La Francia arriva al Mondiale dopo esser stata a un passo dall'eliminazione nei play-off contro l'Ucraina. E l'infortunio di Franck Ribery è un'altra mazzata su un gruppo molto giovane, che ha bisogno di una guida più esperta. Il girone è comunque alla portata, visto il talento dei transalpini. Tuttavia, sarebbe interessante capire quanto sarà forte questa nazionale tra un paio d'anni, quando giocherà l'Europeo da padrone di casa. Intanto, in Brasile i quarti potrebbero essere l'obiettivo giusto. Ci sarà da capire anche come si comporterà la giovanissima difesa (età media di 24 anni).

Honduras
C.T.: Luis Fernando Suárez | Capitano: Noel Valladares | I fondamentali: Izaguirre, Espinosa, Bengtson
Va detto che l'Honduras - come nel 2010 - giunge al Mondiale in un girone dove sembra destinato a fare la cenerentola. Certo, anche per i centroamericani l'Olimpiade del 2012 è stata fondamentale (quarti di finale) e la squadra ha fatto un ottimo girone di qualificazione, arrivando davanti al Messico. Si punta tutto sulla forma in attacco di Jerry Bengtson, autore di nove reti nel cammino per il Mondiale.

Ottmar Hitzfield, 65 anni, è il C.T. della Svizzera, mina vagante in Brasile.

GIRONE F
Argentina
C.T.: Alejandro Sabella | Capitano: Lionel Messi | I fondamentali: Romero, Aguero, Messi
Come al solito e mai come quest'anno, l'Argentina si presenta con i favori del pronostico senza meritarseli. L'Albiceleste ha dominato le qualificazioni sudamericane, ma non c'era il Brasile. Messi e compagni sono fortissimi davanti e hanno un girone semplice, ma dietro hanno una difesa che lascia diverse perplessità. Molto è nelle mani di due uomini. Il C.T. Sabella ha una storia tanto breve quanto vincente da tecnico (per molti anni è stato assistente di Passerella): fu lui il tecnico dell'Estudiantes che vinse la Libertadores nel 2009. Ora riuscirà a ripetersi ad alti livelli? E poi la Pulga: riuscirà Messi a trascinare - perché di questo ci sarà bisogno - una nazionale destinata a vincere, ma abituata a rimanere delusa?

Bosnia & Herzegovina
C.T.: Safet Sušić | Capitano: Emir Spahić | I fondamentali: Spahić, Pjanić, Džeko
Prima esperienza per la squadra bosniaca, che è arrivata al Mondiale vincendo un gruppo alla sua portata. Davanti c'è un arsenale da guerra: Salihović, Pjanić, Misimović, Ibišević e Džeko promettono spettacolo, così come Begović sembra esser affidabile in porta. Il problema è dietro: Spahić ha la fama di esser troppo falloso. Riuscirà la Bosnia a esser equilibrata? Sušić intanto può esser contento: il girone F è semplice e la Bosnia potrebbe passare senza grossi problemi, regalandosi gli ottavi alla prima partecipazione.

Iran
C.T.: Carlos Queiroz | Capitano: Javad Nekounam | I fondamentali: Davari, Nekounam, Dejagah
Certamente la squadra più debole del girone, l'Iran ha avuto comunque il merito di passare le qualificazioni asiatiche da prima del girone. Torna al Mondiale dopo otto anni e la forza sta nel collettivo, visto che - capitan Nekounam a parte - non ci sono né grosse stelle, né giocatori di fama. I problemi sono sopratutto in porta e in attacco: Davari in Bundesliga ha mostrato diverse pecche, mentre davanti si fatica a segnare.

Nigeria
C.T.: Stephen Keshi | Capitano: Vincent Enyeama | I fondamentali: Enyeama, Obi Mikel, Emenike
Si gioca le residue chance di qualificazione con la Bosnia. Campioni d'Africa, Keshi ha fatto un ottimo lavoro e ha rigenerato le Green Eagles, arrivate a fine ciclo con alcuni dei suoi giocatori nel Mondiale sudafricano. Ora l'età-media è più bassa, c'è qualche prospetto interessante e i soliti noti a guida del gruppo: capitan Enyeama, Yobo, Obi Mikel e Odemwingie. I gol di Emenike saranno importanti, mentre c'è un'assenza curiosa: mancherà Sunday Mba, match-winner della finale vinta nella Coppa d'Africa del 2013.

Lionel Messi, 26 anni: terzo Mondiale, sarà finalmente quello buono?

GIRONE G
Germania
C.T.: Joachim Löw | Capitano: Philipp Lahm | I fondamentali: Khedira, Kroos, Klose
E' una Germania più forte, ma forse meno equilibrata di quella del 2010. Rispetto a quattro anni fa, quando una giovane Mannschaft stupì il mondo, davanti c'è più talento ma dietro si soffrirà un po' di più. La condizione di Khedira, rientrato dopo sei mesi di stop per infortunio, diventa fondamentale per le sorti del centrocampo. Davanti non ci si annoierà, mentre Klose andrà alla caccia del record di gol al Mondiale (per ora 14 contro i 15 di Ronaldo). La mancanza di Reus (infortunato) sarà un problema per lo spettacolo. Di certo non per la Germania, che ha tante alternative. Forse è l'ultimo treno per Joachim Löw. Finora il tecnico ha solo sfiorato la vittoria e ha sbagliato tre partite in otto anni: che il torneo brasiliano sia l'occasione giusta?

Portogallo
C.T.: Paulo Bento | Capitano: Cristiano Ronaldo | I fondamentali: Beto, Pepe, João Moutinho
Non siamo più di fronte alla squadra che arrivò quarta al Mondiale tedesco del 2006. La grande generazione del calcio lusitano si è ritirata da un po', è rimasto solo CR7. Qualcuno si stupirà della sua mancanza tra i fondamentali che ho indicato, ma la risposta è semplice: il Portogallo andrà tanto avanti quanto i compagni dell'asso del Real faranno del loro meglio. Età-media piuttosto alta, Ronaldo è al terzo Mondiale. Chance di passare alte, ma la fregatura è dietro l'angolo.

Ghana
C.T.: James Kwesi Appiah | Capitano: Gyan Asamoah | I fondamentali: Dauda, K.P. Boateng, Gyan Asamoah
La nazionale potenzialmente più interessante del torneo. Dopo la delusione di quattro anni fa, il Ghana si ripresenta come la squadra più forte del continente nero. Non c'è ancora la Coppa d'Africa in bacheca, ma sulla qualità non si discute: manca qualcosina in difesa, ma dai mediani in su si sogna. Forse è una delle nazionali africane più forti della storia: c'è qualità e quantità. Bisogna vedere come si re-inserirà Kevin Prince Boateng (discutibile il suo attaccamento alla nazionale) e la forma di Gyan Asamoah, capitano e bomber.

Stati Uniti
C.T.: Jurgen Klinsmann | Capitano: Clint Dempsey | I fondamentali: Brooks, Dempsey, Altidore
Salta subito all'occhio l'esclusione di London Donovan, l'uomo più importante nella storia del calcio statunitense: Klinsmann ha fatto una scelta forte, onestamente non è sembrata la migliore del mondo. Gli Stati Uniti hanno vinto la Gold Cup nel 2013 e hanno un gruppo più giovane di quattro anni fa. Tuttavia, gli USA sembrano la squadra più debole di un girone comunque difficile. Suscitano curiosità Julian Green, talentino 18enne del Bayern Monaco, e Aron Jóhannsson, attaccante di origine islandese dell'AZ di Alkmaar.

Cristiano Ronaldo, 29 anni, e la speranza di passare almeno il girone.

GIRONE H
Belgio
C.T.: Marc Wilmots | Capitano: Vincent Kompany | I fondamentali: Courtois, Witsel, Hazard
I belgi sono la vera mina vagante di questo Mondiale. Per forza: il sorteggio li mette in una buona posizione e una vittoria del girone vorrebbe dire un possibilissimo passaggio ai quarti di finale. Inoltre, il potenziale di questa nazionale è abnorme. Certo, un mediano e qualche terzino in più avrebbero fatto comodo a Wilmots, che ha costruito una squadra d'alto borgo. Attesissimi Eden Hazard e Romelu Lukaku: al Chelsea non hanno potuto giocare insieme, chissà se faranno impazzire le difese in questo Mondiale brasiliano.

Algeria
C.T.: Vahid Halilhodžić | Capitano: Madjid Bougherra | I fondamentali: Ghoulam, Feghouli, Ghilas
Le Volpi del deserto arrivano al Mondiale dopo la delusione di quello di quattro anni fa, concluso senza né vittorie, né gol all'attivo. Anche stavolta saranno l'africana più debole presente al torneo finale e sperano almeno di strappare qualche punto nel girone. Hanno fatto scalpore le esclusioni di due buoni giocatori come Boudebouz e Djebbour (anche se quest'ultimo ha segnato poco quest'anno). Qualche buon giocatore c'è - Ghoulam, Feghouli e diversi attaccanti - ma manca una squadra che metta paura. Del resto, l'Algeria è passata agli spareggi faticando contro il Burkina Faso vice-campione d'Africa.

Russia
C.T.: Fabio Capello | Capitano: Vasili Berezutski | I fondamentali: Akinfeev, Shchennikov, Kerzhakov
Dopo dodici anni d'assenza (l'unico rimasto di quell'edizione è Kerzhakov) e la clamorosa eliminazione nello spareggio con la Slovenia di quattro anni fa, i russi tornano al Mondiale. Con questo girone, la qualificazione non sembra in discussione. Se il Belgio è la sorpresa dichiarata, i russi potrebbero comunque far strada. Finalmente partono a fari spenti, al contrario dell'Europeo di due anni fa (finito con l'eliminazione nel girone). Squadra interamente composta da giocatori che militano in patria, non c'è una vera stella (anche se l'assenza di Shirokov peserà). Arshavin è stato escluso da Capello da due anni: la vera forza è il collettivo organizzato.

Corea del Sud
C.T.: Hong-Myong Bo | Capitano: Koo Ja-Cheol | I fondamentali: Hong Jeong-Ho, Ki Sung-Yueng, Son Heung-Min
I sudcoreani arrivano a questo Mondiale orfani di un monumento calcistico come Park Ji-Sung, che recentemente si è ritirato dal calcio. Poco male, visto che la Corea del Sud viene dal bronzo ottenuto alle Olimpiadi di Londra. Ciò nonostante, la qualificazione al Mondiale è stata complicata: nel girone con Uzbekistan e Iran, le sofferenze non sono state poche. Ora si farà esperienza in questa rassegna, con l'attaccante del Bayer Leverkusen Son Heung-Min come stella principale.

Per composizione del girone e tabellone, il Belgio è la vera mina vagante del Mondiale.

(parte seconda, continua...)

6.6.14

Fermare gli iberici (Parte I).

I Mondiali sono ormai alle porte. Convocazioni fatte, liste chiuse, protagonisti pronti e assenze rimpiante. Tutti in attesa di quel calcio d'inizio tra Brasile e Croazia del 12 giugno prossimo all'Arena di San Paolo, che ci porterà dentro alla ventesima edizione della Coppa del Mondo. Prima, però, cerchiamo di capirci qualcosa, analizzando girone per girone le squadre, i giocatori, le loro storie e quanto potranno esser protagonisti in quest'attesissima rassegna intercontinentale. Dove l'obiettivo è interrompere l'egemonia della Spagna, vincitrice di due Europei e dell'ultimo Mondiale. Ecco la prima parte di quest'introduzione alla Coppa del Mondo brasiliana.

Questa l'ultima immagine del Mondiale 2010: Spagna in trionfo per la prima volta.

GIRONE A
Brasile 
C.T.: Felipe Scolari | Capitano: Thiago Silva | I fondamentali: Jùlio Cesar, Fred, Neymar
Il Brasile arriva al Mondiale dopo la vittoria nella Confederations Cup. Un successo che ha sorpreso per la facilità con cui i verdeoro hanno schiacciato la Spagna in finale. Nonostante l'esser favoriti, non tutto pare volgere al meglio per Scolari e soci: ricordiamoci sempre come il Maracanazo sia un fantasma ancora vivido nella memoria del paese, che non pare pronto a perdere un altro Mondiale. Se la squadra è consolidata, sarà importante vedere in che forma saranno Jùlio Cesar (reduce da sei mesi a Toronto) e Neymar (il suo primo anno al Barca non è stato entusiasmante). Inoltre, il Brasile non ha giocato partite di qualificazione, per cui la concentrazione non sarà sempre al massimo.

Croazia
C.T.: Niko Kovač | Capitano: Darijo Srna | I fondamentali: Lovren, Modrić, Mandžukić
La Croazia è la mina impazzita del gruppo A. Tecnicamente sono da passaggio del turno sicuro, vista la scarsa forma del Messico e l'incognita Camerun. Poi si sa: gli slavi sono tecnicamente finissimi, ma non sono avvezzi ai trionfi. Al Mondiale sudafricano i croati non c'erano e già la qualificazione, arrivata dopo gli spareggi con l'Islanda, risulta un miglioramento rispetto al 2010. A centrocampo tanto talento: tra Modrić, Perišić, Kovačić e Rakitić ci sarà l'imbarazzo della scelta. Davanti molto si regge sulle spalle di Mario Mandžukić: all'Europeo di due anni fa pochi lo conoscevano, ora tutti lo aspettano al varco.

Messico
C.T.: Miguel Herrera | Capitano: Rafael Márquez | I fondamentali: Ochoa, Herrera, J. Hernández
Il Messico viene da un biennio tutt'altro che entusiasmante. Dopo aver vinto le Olimpiadi di Londra, ci si aspettava che i medagliati rendessero la nazionale ancora più forte. Invece, la Confederations Cup è andata male ed El Tri ha rischiato di mancare l'appuntamento mondiale. Solo lo spareggio (stravinto) contro la Nuova Zelanda ha regalato un biglietto per il Brasile. C'è una nuova generazione ai Mondiali e molto dipenderà dalla coda e dal fronte della squadra. Se Ochoa confermerà la buona forma vista in Ligue 1 e la coppia Hernández-Dos Santos farà ciò che sa fare meglio, c'è ancora qualche speranza di passare il turno.

Camerun
C.T.: Volker Finke | Capitano: Samuel Eto'o | I fondamentali: Matip, A. Song, Eto'o
La più discontinua delle africane è un terno al lotto. A livello tecnico, non ha molto da invidiare al Messico ed è una squadra più omogenea della Croazia. Per esempio, la difesa è migliore di quella degli ex slavi. Alla guida c'è Volker Finke, ex tecnico-mago del Friburgo degli anni '90. Tuttavia, bisognerà vedere quale sarà lo spirito di squadra, visto che il gruppo sembra esser diviso in clan. C'è Samuel Eto'o, al quarto (e forse ultimo) Mondiale con i Leoni Indomabili. Mai visto un giocatore tanto forte quanto bizzoso come lui.

Neymar, 22 anni, sarà una delle stelle di questo Mondiale brasiliano.

GIRONE B
Spagna
C.T.: Vicente del Bosque | Capitano: Iker Casillas | I fondamentali: Piqué, Xavi, Diego Costa
Forse mai come quest'anno il C.T. della Spagna ha fatto fatica a scegliere la squadra giusta per il Mondiale. Alla fine del Bosque ha dovuto lasciare qualcuno a casa. Callejon e Borja Valero, che allietano la Serie A, non ce l'hanno fatta neanche per i pre-convocati. Lo stesso vale per l'ottimo Gabi, capitano dell'Atlético. Poi del Bosque ha tagliato anche Llorente, Negredo e Jesus Navas. Torres c'è, Villa pure: del Bosque si è affidato ai senatori rimasti. Ora tocca alla Spagna smentire la crisi vista all'ultima Confederations Cup.

Olanda
C.T.: Louis van Gaal | Capitano: Robin van Persie | I fondamentali: Vorm, Sneijder, van Persie
L'Olanda è forse la nazionale che più ha cambiato dal Mondiale 2010, complice anche la figuraccia fatta all'Europeo di due anni fa. Ci sono i più esperti, ma non ci saranno van der Vaart e Strootman (infortunati). Solo sette dei 23 giocatori del 2010 sono stati richiamati per il Brasile. Non c'è neanche van der Wiel, mai considerato da van Gaal. Il tecnico, che da luglio allenerà il Manchester United, ha una squadra da "tutto o niente": sorprendere il mondo con i suoi giovani o uscire per inesperienza. Molto dipenderà anche dalla forma di van Persie, reduce da una stagione a metà con lo United.

Cile
C.T.: Jorge Sampaoli | Capitano: Claudio Bravo | I fondamentali: Medel, Vidal, Vargas
Se il Belgio o la Bosnia hanno un girone fantastico, la squadra a cui è andata peggio di tutti nei sorteggi è sicuramente il Cile: con il talento e l'esperienza di quattro anni fa, forse i ragazzi di Sampaoli sarebbero stati la rivelazione di questo Mondiale. Sopratutto davanti l'arsenale è di una certa importanza: da Vidal a Edu Vargas (che sta facendo non bene, ma benissimo), da Pinilla a Sánchez. Molto si basa su un gioco fluido e veloce: insomma, è il Mondiale buono per fare qualche sorpresina agli avversari. Si attende di capire anche quanto Vidal recupererà dal suo infortunio: non è detto che ce la faccia per la prima gara.

Australia
C.T.: Ange Postecoglou | Capitano: Mile Jedinak | I fondamentali: Jedinak, Bresciano, Cahill
Inserita in un gruppo tremendo, l'Australia ha colto tutti di sorpresa. Piuttosto che cercare di sopravvivere con i senatori, il C.T. Postecoglou ha lasciato a casa Wilkshire e gli infortunati Kruse e Kennedy. Addio anche a Kewell e Schwarzer. Solo Cahill e Bresciano hanno superato la prova e saranno le guide spirituali del gruppo insieme a capitan Jedinak. Il perché della scelta è presto detto: il desiderio è di avere una squadra giovane e fare esperienza in vista della Coppa d'Asia di gennaio prossimo, che l'Australia vuole vincere da padrone di casa. Tanto il destino dei Socceroos a questo Mondiale pare già scritto.

Xavi, 34 anni: per lui è l'ultima fatica con la Spagna prima di andare in America.

GIRONE C
Colombia
C.T.: José Pékerman | Capitano: Mario Yepes | I fondamentali: Zuniga, James Rodriguez, Cuadrado
Se si dà un'occhiata alla lista dei convocati, balza agli occhi l'assenza di Radamel Falcao. Il bomber del Monaco si era infortunato a gennaio e sembrava fuori, poi aveva tentato il recupero. A questo punto, non ci si aspettava che rimanesse fuori. Invece, El Tigre non ci sarà: i sostituti ci sono, ma nessuno è come l'attaccante ex Atlético. Per infortunio è rimasto fuori anche l'esperto Perea. La squadra è ottima e i Cafeteros sperano di sorprendere al Mondiale. Curiosità: è l'unica nazionale dove c'è un giocatore (Mondragón) che il doppio dell'età di alcuni suoi compagni (42 anni contro i 21 di Quintero e Balanta).

Grecia
C.T.: Fernando Santos | Capitano: Giorgos Karagounis | I fondamentali: Karnezis, Karagounis, Mitroglou
Sarà l'ultima esibizione per gli unici due interpreti rimasti dopo la vittoria dell'Europeo 2004: mi riferisco a capitan Karagounis e Katsouranis. Sei convocati giocano in A. Le speranze greche passano dalla forma (e dai gol) di Kostas Mitroglou, implacabile nell'Olympiakos, ma in ombra negli ultimi mesi al Fulham. Una cosa: non sono favoriti, ma mai darli per spacciati. La Russia fece lo stesso errore all'Europeo di due anni fa.

Costa d'Avorio
C.T.: Sabri Lamouchi | Capitano: Didier Drogba | I fondamentali: K. Touré, Y. Touré, Drogba
Non nascondiamoci: per la Costa d'Avorio si può fare un discorso simile a quello dell'Uruguay. La squadra è forte, ma è giunta alla fine di un ciclo: per alcuni elementi sarà l'ultimo Mondiale. A differenza degli uruguayani, non sono arrivati successi a certificare la crescita degli Elefanti. La spina dorsale della squadra e la sua forma - i due Touré e Drogba - segneranno anche la capacità o meno degli africani di passare il turno.

Giappone
C.T.: Alberto Zaccheroni | Capitano: Makoto Hasebe | I fondamentali: Endo, Honda, Kagawa
Il Giappone è stata la prima squadra a staccare il biglietto per il Brasile: campione asiatico, ha disputato una brutta Confederations Cup e in quest'anno ha introdotto qualche nuovo elemento. Risolti i problemi del centravanti, rimangono i punti interrogativi sulla difesa. Così come ci sono sulla forma di Endo e sulla condizione di Kagawa e Honda, reduci da una brutta stagione rispettivamente con Manchester United e Milan. Si può passare il turno, ma bisognerà fare del proprio meglio.

Con Falcao escluso per infortunio, starà a James Rodriguez, 22 anni, trascinare la Colombia.

GIRONE D
Uruguay
C.T.: Óscar Tabárez | Capitano: Diego Lugano | I fondamentali: Lugano, Suárez, Cavani
Non c'è squadra come l'Uruguay che sia al tempo stesso così diversa e così uguale al Mondiale del 2010. In Brasile la Celeste ci è arrivata ancora tramite gli spareggi, nonostante il quarto posto in Sudafrica e la vittoria nella Copa America del 2011. Il gruppo è quasi lo stesso che fece l'exploit all'ultimo Mondiale (confermati 15/23 del 2010), ma forse è anche al canto del cigno in alcuni dei senatori (Lugano, Forlan, Pérez). Il 3-4-2-1 è ora un 4-3-3 per far coesistere Forlan, Suárez e Cavani: saranno abbastanza devastanti?

Costa Rica
C.T.: Jorge Luis Pinto | Capitano: Bryan Ruiz | I fondamentali: Keylor Navas, Borges, Ruiz
Agnello sacrificale del girone e tornato ai Mondiali dopo otto anni, il Costa Rica non è stato fortunato. Un paio di mesi fa Oviedo si è spaccato un ginocchio, poi anche Álvaro Saborío ha dovuto salutare la compagnia. E allora si rischia tutto su Joel Campbell, giovane e pazzo talento dell'Olympiakos. Ci si chiede quale grande potrebbe esser fermata dai centroamericani, reduci da un ottimo girone di qualificazione. Molto passerà anche dalle mani di Keylor Navas del Levante, che quest'anno è stato il miglior portiere della Liga.

Inghilterra
C.T.: Roy Hogdson | Capitano: Steven Gerrard | I fondamentali: Baines, Gerrard, Rooney
La nazionale dei Tre Leoni si presenta con una veste simile a quella degli Europei di due anni fa. La squadra è stata un po' svecchiata (attenzione a Luke Shaw, classe '95), ma si regge sempre sull'infinita classe di Lampard, Gerrard e Rooney. Insomma, i soliti noti dovranno trascinare l'Inghilterra. La sensazione è che non ci sia nessuna nuova star di livello mondiale e che proprio gli inglesi siano la squadra che rischia di uscire. Non sarebbe la prima volta che l'Inghilterra delude i propri tifosi: son quasi specializzati.

Italia
C.T.: Cesare Prandelli | Capitano: Gianluigi Buffon | I fondamentali: la difesa, Pirlo, Balotelli
Partiamo da un dato abbastanza sconcertante: nonostante la rimonta dal suo infortunio e un buon finale di stagione, Giuseppe Rossi non ci sarà. Una scelta discutibile, mentre Cassano farà per la prima volta il Mondiale (dopo tre Europei). Ci sarà da soffrire dietro, dove c'è mezza difesa della Juve campione d'Italia ma non c'è un terzino di valore. A centrocampo mancherà Montolivo, ma c'è abbastanza materiale. Davanti sarà di nuovo tutto sulle spalle di Balotelli o ci sarà spazio per Immobile? L'Italia dovrebbe farcela, ma...

Edinson Cavani e Luis Suárez, 27 anni, la miglior coppia d'attacco al mondo.

(parte prima, continua...)

2.6.14

L'uomo dei record.

Il Mondiale è sempre solito raccontare storie di un certo clamore. Il Brasile aveva dato un antipasto con la presenza di Tahiti alla Confederations Cup, la prima volta di una nazione della zona oceanica che non fosse Australia o Nuova Zelanda. Ora c'è un nuovo esordio, una seconda vita da narrare: è quella di Faryd Mondragón. Portiere della Colombia, a quasi 43 anni - li compirà durante il Mondiale - l'estremo difensore è pronto a far parte dei Cafeteros che giocheranno la Coppa del Mondo in Brasile.

Mondragón in azione ai Mondiali 1998: la Colombia uscì nel girone.

Eppure son passati sedici anni dall'ultima volta: a Francia '98, molti ricordano Mondragón per le sue ottime prestazioni. Nonostante René Higuita sia un collega ben più conosciuto e famoso, in quel Mondiale è Faryd a difendere i pali della Colombia. Da quell'anno, la Colombia non ha mai sfiorato il ritorno al Mondiale, persa tra crisi tecniche e pochi giocatori validi. Poi due fattori hanno aiutato il calcio colombiano. Il primo è la nascita di un gruppo di talenti che hanno riportato i Cafeteros all'attenzione del panorama sudamericano: non tutti hanno davanti Falcao, Cuadrado e James Rodriguez. Il secondo è la nomina a C.T. di José Pekerman nel gennaio 2012, che ha dato un gioco e una buona organizzazione in campo a una squadra fortemente offensiva (basti pensare che i terzini sono Zuniga e Armero).
In questo gruppo così forte, compare ancora una volta la figura di Mondragón. Il titolare è David Ospina, che gioca nel Nizza e rispetto al quale il buon Faryd ha esperienza da vendere. Ma sopratutto è la sua carriera e il suo duro lavoro ad avergli fatto guadagnare un posto nel gruppo che è in Brasile da qualche giorno. Una carriera divisa tra la nazionale colombiana e tanti club diversi. Son ben undici, a partire dal Deportivo Cali, che fece crescere ed esordire Mondragón nel 1991 a vent'anni. Per fare un paragone, a quell'epoca James Rodriguez non era nemmeno nato. Falcao aveva cinque anni, mentre Mario Yepes - anche lui in là con l'età - doveva ancora esordire da professionista.
Si può definire Mondragón un viaggiatore del mondo: fino a quel Mondiale del 1998, gioca sopratutto in Sud America, tra Argentina, Colombia e Paraguay. Poi la scoperta dell'Europa: poco più di un decennio trascorso nel vecchio continente tra Francia (un anno con il Metz), Turchia (sei stagioni al Galatasaray) e Colonia (quattro annate in Germania). Non contento, Mondragón ha disputato anche una stagione con la maglia del Philadelphia Union nella Major League statunitense. Fatto il giro dei tre continenti, il vecchio portiere è tornato in patria per chiudere la carriera con il Deportivo Cali, la squadra che l'aveva lanciato vent'anni prima.
E con la Colombia? Una storia controversa. Nel 1992, El Turco è tra i ragazzi che giocano l'Olimpiade di Barcellona, nella quale i Cafeteros escono subito. E' una giovane Colombia, che ha già alcune future colonne della nazionale nella propria squadra: Asprilla, Aristizábal, Bermúdez. Con Valderrama e altri, arriva il terzo posto nella Copa America del 1993 e la partecipazione al Mondiale l'anno dopo. Quella Colombia è ancora oggi nella storia del proprio paese. E se nel 1994 Mondragón non vede campo, nel Mondiale '98 è il titolare. Una rassegna straordinaria quella del portiere, uno dei migliori visti a quel torneo. Beckenbauer arrivò a definirlo la rivelazione del Mondiale, mentre i suoi salvataggi contro l'Inghilterra credo ancora siano nelle notti insonni di Shearer e compagni. I sudamericani escono subito nel girone, ma da lì, la storia di Mondragón con la nazionale si fa complicata: gioca e fa bene in Europa, ma i C.T. non lo vedono. Solo Pekerman lo ha recentemente rispolverato: la sua esperienza ha fatto comodo alla Colombia nelle qualificazioni, sebbene Mondragón non abbia mai messo piede in campo.


E ora ci sono diversi record da battere, perché Mondragón - salvo infortuni - sarà al Mondiale. I record potrebbero essere infranti semmai Pekerman decidesse di dare una chance in campo al vecchio leone della porta colombiana. Magari a qualificazione fatta o a partita decisa. In realtà, Mondragón ha già stabilito due nuovi primati: è il giocatore che ha partecipato al primo e all'ultimo Mondiale della propria carriera con più anni di distanza (venti!). E' anche l'unico ad aver partecipato a sei eliminatorie per qualificarsi al Mondiale. Da Valderrama a Falcao, da Roberto Baggio a Messi, dalla nazionale colombiana dei miracoli... a un'altra.
Sopratutto, se Mondragón scendesse in campo, il portiere diventerebbe il giocatore più vecchio a partecipare a un Mondiale. El Turco batterebbe il record di Roger Milla, bomber del Camerun che giocò (e segnò) all'età di 42 anni e 39 giorni. Intanto, per tenersi in allenamento, Mondragón è sceso in campo da capitano con la Colombia nell'amichevole vinta a Bruxelles contro il Belgio nel novembre scorso. Tanto per dimostrare che ha ancora qualche numero. E comunque a gennaio scorso il portiere era capitano anche nel trionfo del Deportivo Cali nella supercoppa nazionale. Ha pure parato un rigore nella lotteria finale dei penalty: non sarà di certo arrugginito.
Mondragón è sempre stato speciale. La sua carriera è legata sopratutto all'Independiente, club argentino con cui ha trascorso diverse stagioni. Negli anni '90, andava molto in voga José Luis Chilavert, portiere goleador del Paraguay e del Velez Sarsfield. Mondragón, per tutta risposta, gli segnò proprio dal penalty in un match del 1997. Come a dire: "A segnare siam bravi tutti, para tutto quello che prendo io". E con quest'attitudine di serietà e lavoro, Mondragón è arrivato fino a questo Mondiale. Il portiere spera di festeggiare a dovere la fine della sua carriera. E che carriera: grazie, Faryd. Il calcio ha bisogno di storie come la tua, perché non è mai troppo tardi perché la vita ti ricompensi.

Faryd Mondragón, 42 anni, si prepara al suo terzo Mondiale con la Colombia.