18.3.14

The troublemaker.

Ha vissuto periodi migliori, ma la carriera di Nicolas Anelka adesso sembra tutta in salita. L'addio al West Bromwich Albion - annunciato su Twitter e senza alcun preavviso alla società - è la conseguenza di quanto successo qualche mese fa. 28 dicembre 2013: il WBA passa in vantaggio sul campo del West Ham con un gol di Anelka e il francese esulta con la quenelle, considerato un saluto anti-semita e a sfondo nazista. Da lì, il percorso è stato segnato: multa, sospensione e il recente addio ai Baggies.

Un giovane Nicolas Anelka, oggi 35 anni, ai tempi dell'Arsenal.

Non è la prima che il francese ha problemi con le squadre in cui milita. Per tutta la sua carriera, l'opinione pubblica si è divisa tra il talento di Anelka negli ultimi 16 metri e le intemperanze che hanno costellato la sua storia calcistica. Cresciuto nel vivaio del PSG, l'Arsenal lo acquistò quando era ancora minorenne per pochi spiccioli. Esplose con Wenger, ma l'idillio con i Gunners durò appena tre anni: il francese non si mantenne a livelli straordinari e i tifosi lo accusarono di poco impegno. Anelka, dal canto suo, si scagliò contro i media britannici - secondo lui decisivi nell'infangare la sua immagine - e decise di andar via. A vent'anni, il Real Madrid lo pagò trenta milioni di sterline: un'enormità, ma il francese rimase in blanco un solo anno, giusto il tempo di vincere la Champions e farsi conoscere per le sue bizze. Una volta, Anelka non si volle allenare: il risultato fu una sospensione di 45 giorni.
Così ci fu il ritorno a Parigi, ma il nuovo tecnico Luis Fernandez entrò in rotta di collisione con l'attaccante. Al PSG c'era un certo Ronaldinho che cresceva a vista d'occhio e per Anelka fu tempi di un altro viaggio, con biglietto di ritorno per l'Inghilterra. Stavolta fu il Liverpool a spingere per avere in squadra il golden boy del calcio francese, seppur in prestito: qualche mese di gloria, ma Houllier preferì poi puntare su El-Hadji Diouf (stessa testa calda, ma meno talentuosa). A quel punto, la folle corsa di Anelka si fermo a Manchester, sponda City: due stagioni e mezzo per rifarsi una verginità calcistica e dimostrare che la sua carriera non era già da buttare a 23 anni.
Sembrava che Anelka avesse finalmente abbracciato la stabilità nella sua vita e invece un'offerta del Fenerbahce portò il francese in Turchia: l'ennesimo salto nel vuoto, un altro anno e mezzo prima di tornare per la seconda volta in Inghilterra. Stavolta fu il Bolton ad accoglierlo. Il giusto ambiente per smussare gli angoli spigolosi del suo carattere. Così giusto che anche il Chelsea finisce nel suo curriculm vitae e Anelka si unisce ai Blues nel gennaio 2008: a Londra, l'attaccante vivrà gli anni migliori della sua lunga carriera. Capocannoniere della Premier League nel 2008-09 e tanti trofei alzati con il club di Abramovich. Anelka potrà giusto rammaricarsi per la Champions League: sarà lui a sbagliare il rigore decisivo nella finale di Mosca del 2008 contro il Manchester United. Inoltre, il francese partirà a gennaio 2012, quattro mesi prima del trionfo di Monaco di Baviera contro il Bayern. Non poteva esser altrimenti: André Villas-Boas, arrivato per allenare il Chelsea nell'estate del 2011, non vede il francese. Lo fa addirittura cambiare nello spogliatoio delle giovanili: un torto da non fare alle teste calde come quella di Anelka.


Infatti, Nicolas prende il primo volo per Shanghai e vola in Cina, dove rimarrà appena un anno. Il suo stipendio è uno dei più alti della storia del calcio: lo Shanghai Shenhua lo dovrebbe pagarlo tra i dieci e i quindici milioni di euro all'anno. Quando poi arriva anche Didier Drogba, le casse del club cinese collassano. Dodici mesi folli, in cui si è ritrovato persino a fare l'allenatore-giocatore, a non esser pagato e poi a cercare a tutti i costi la fuga da Shanghai. Ad aiutarlo c'ha pensato la Juve: prestito di sei mesi, tre presenze e 58' giocati con la squadra bianconera. Un turista. Si supponeva che il WBA dovesse rappresentare il rilancio dell'attaccante, ma a parte i due gol contro il West Ham si è visto poco. E con la quenelle - a cui sono seguite squalifica e multa per un milione di euro - le cose non sono andate meglio.
I rimpianti più grandi per Anelka riguardano la nazionale. Nonostante le sue potenzialità, non è mai entrato a pieno nel giro della Francia. Quando i suoi connazionali mettevano a segno l'accoppiata Mondiale-Europeo tra il 1998 e il 2000, Anelka non venne convocato per la Coppa del Mondo casalinga (gli vennero preferiti i giovani Henry e Trezeguet, così come gli esperti Guivarc'h e Dugarry). Andò meglio nell'Europeo belga-olandese, dove il francese giocò senza impressionare e poi venne lasciato in panchina nella finale. Poi sparì dal radar della nazionale per sei anni, quando Raymond Domenech decise di dargli un'altra chance ad Euro 2008. Decisivo per la qualificazione al Mondiale 2010, il rapporto fra il giocatore del Chelsea e il C.T. dei transalpini si ruppe definitivamente nel ritiro sudafricano. Dopo la sconfitta contro il Messico nella seconda gara della fase a gironi, Anelka avrebbe detto a Domenech: «Vai a fanculo, figlio di puttana». L'attaccante non poteva esser più chiaro, ma la reazione gli procurò un biglietto anticipato per il ritorno a casa. Anelka non si volle scusare: squalifica di 18 mesi da parte della federcalcio francese e una sorta di addio forzato alla nazionale. Poco male. L'attaccante disse: «Meglio così: morirò con un sorriso. Avevo già deciso di ritirarmi dal calcio internazionale».
In tutto questo casino che è stato la sua carriera, Londra è l'epicentro delle poche gioie accumulate. Anelka esplose con la maglia dell'Arsenal nel vecchio Highbury, ha vissuto gli anni migliori con il Chelsea a Stamford Bridge. E l'ultimo (?) lampo della sua carriera potrebbe esser stato al Boleyn Ground del West Ham, l'ennesimo incrocio londinese nella sua vita. Chissà se il troublemaker del calcio francese continuerà a giocare, dopo aver segnato più di cento gol nel campionato migliore al mondo, la Premier League. Del resto, la vita è fatta di alti e bassi. Sapete come si dice in Francia: c'est la vie.

Le parole dure tra Domenech e Anelka ai Mondiali del 2010.

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