21.12.13

2606 chilometri.

Il calcio russo non sta vivendo proprio un gran momento. Lo Zenit ha rischiato l'uscita dalla Champions, il CSKA non è finito neanche in Europa League, mentre l'Anzhi sta per vendere anche Lacina Traoré. Il tutto mentre molte delle squadre di Mosca - Spartak, Dinamo e Lokomotiv - arrancano. L'unica squadra che aveva qualcosa per cui sorridere era il Rubin Kazan, qualificatosi da primo nel girone di Europa League. Eppure, come un fulmine a ciel sereno, ecco l'esonero di Kurban Berdyev. Il tecnico turkmeno a Kazan da 11 anni: con la sua partenza, si chiude un'era.

Il Rubin festeggia nel 2008 la prima vittoria in campionato con Berdyev.

Sulle mappe del calcio mondiale o europeo, Kazan non esisteva 11 anni fa. All'arrivo di questo sconosciuto tecnico, il club non era neanche nella massima divisione russa. E neanche Berdyev aveva raccolto molta fortuna da giocatore, facendo la sponda tra il suo Turkmenistan, la Russia e l'Uzbekistan. In nazionale, non aveva mai giocato, visto che allora esisteva ancora l'Unione Sovietica e non c'era spazio per un giocatore dal potenziale comune come Berdyev. Anche da allenatore, il turkmeno non si era distinto particolarmente fino agli anni 2000.
Nel 2001, il Rubin lo chiama per la guida tecnica del club. I tartari hanno attraversato momenti difficili: a metà degli anni '90, erano piombati addirittura in terza divisione, rischiando la retrocessione in quarta. Poi, col tempo, erano risaliti grazie all'aiuto di Kamil Iskhakrov, patron della squadra tartara, divenuto anche sindaco della città. L'obiettivo era risalire la china in due step: prima la First Division, poi il ritorno nella massima serie nazionale. Con l'arrivo di Berdyev, il club centra la promozione nella prima categoria russa e torna dove Iskhakrov voleva portare il club. Non solo: con l'arrivo del tecnico turkmeno, cominciano una serie di risultati incredibili. Il terzo posto alla prima stagione nella Russian Premier League, le partecipazioni europee ed una squadra che riusciva a far nascere una serie di giocatori interessanti: su tutti, l'esempio adatto pare quello di Alejandro Dominguez, che si è espresso al meglio nel freddo di Kazan.
Nel biennio 2008-2009, poi, è arrivata l'apoteosi. Sotto la guida di Berdyev, sono arrivati due titoli consecutivi, i primi nella storia del club. In Champions, i russi riuscirono a violare la casa del Barcellona, il Camp Nou, che con Guardiola stava incantando l'Europa. Un 2-1 mai dimenticato dalle parti di Kazan, dove venne bloccata anche l'Inter di Mourinho. Poi, nel 2012, è arrivata anche la vittoria nella coppa nazionale e la conseguente partecipazione all'Europa League, dove il Rubin ha messo paura persino al Chelsea, poi campione finale della competizione. A queste soddisfazioni, vanno aggiunte anche due Supercoppe nazionali, che hanno ulteriormente aggiornato la bacheca della squadra (vinte nel 2010 e nel 2012).
Purtroppo, in questa stagione, non sono arrivati solamente i risultati europei, ma anche le poco convincenti performance in campionato. Il Rubin, nella Russian Premier League, staziona all'undicesimo posto, con sole cinque vittorie in 19 gare. Poche per il maggior finanziatore del club, Rustam Minnikhanov, che poi è anche il governatore del Tatarstan, il soggetto federale nel quale si trova Kazan. Con Berdyev, via anche il d.g. ed il vice-presidente: insomma, una vera rivoluzione, che dopo 12 anni lascia un po' sgomenti.

Alejandro Damian Dominguez, 32 anni, uno dei giocatori consacrati da Berdyev.

Lo sgomento è dovuto anche al fatto che Berdyev, nonostante l'essere una leggenda vivente dalle parti di Kazan, è praticamente un "anti-protagonista". Non è Mourinho, non è esuberante o provocatorio. Le vittorie non l'hanno cambiato: è sempre stato un signore introverso, molto fedele e devoto alla sua religione. Mussulmano, in più di un'occasione lo si è visto con dei braccialetti tra le mani: lo stesso Berdyev ha confessato di sentirsi a disagio senza. Un paio di volte è capitato ed il tecnico turkmeno ha spiegato come gli altri mussulmani possono di certo capirlo.
Con il suo esonero, si chiude un altro grande ciclo: non è facile esser tecnico di un club per 12 anni. Ormai i signori della panchina, con una lunga militanza all'interno della stessa squadra per lungo tempo, sono pochi. I quarantenni alla guida di una compagine, come fece Guy Roux con l'Auxerre, sono ormai lontani. Wenger è uno dei pochi a resistere, mentre Schaaf ha dovuto lasciare il Werder l'anno scorso. Insomma, non è tempo per i fedeli della panchina.
Si è conclusa una grande era per il Rubin. Era difficile, se non impossibile, chiedere di più a questo signore di 61 anni, che ha reso il club grande e lo ha fatto conoscere al mondo. Ora, accanto alle squadre di Mosca e al ricchissimo Zenit, c'è anche il Rubin Kazan. Che ha giocato in Champions. Che ha vinto campionati e coppe. E a cui mancherà moltissimo questo tecnico dall'aria introversa, riuscito in un'impresa straordinaria: quella di far sembra Ashgabat, capitale del Turkmenistan e città di nascita di Berdyev, e Kazan, situata nel nulla russo, più vicine. Cancellare 2606 chilometri di distanza non è mai facile: complimenti a lui per aver portato a termine questo compito. E vedremo se il Rubin potrà vantare gli stessi risultati con un altro uomo alla guida del club.

Kurban Berdyev, 61 anni: la sua avventura al Rubin, dopo 12 anni, è finita.

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