2.4.13

Lontani dal Brasile.

Le qualificazioni ai Mondiali sono ormai passate da una settimana, ma le dichiarazioni di Sinisa Mihajlovic, C.T. della Serbia, hanno fatto veramente rumore: «Se non ci qualifichiamo al Mondiale, me ne vado». Una promessa pesante, specie se viene da un giocatore che ne ha dette parecchie nella sua carriera. Tuttavia, Mihajlovic ha un suo punto: l'ex tecnico della Fiorentina sta facendo molta fatica a trascinare il suo paese e la Serbia non riesce ad imporsi nel suo girone di qualificazione, dove il Belgio vola e la Croazia naviga bene a vista. Come mai? Eppure l'allenatore non dovrebbe essere sorpreso: la Serbia sta deludendo da diversi anni, nonostante un movimento calcistico in grado di creare campioni dalla classe pura.

Sinisa Mihajlovic, 44 anni: poche le speranze di vederlo al Mondiale con la sua Serbia.

Infatti, come la storia racconta, la Serbia è sempre stata terra di fenomeni. Magari non di squadre invincibili, ma sicuramente vi sono nati numerosi grandi giocatori; addirittura, uno dei club più famosi a livello nazionale - la Stella Rossa - fu capace di vincere la Coppa dei Campioni nel 1991. C'era una volta la Jugoslavia, almeno fino alla conclusione della guerra fredda nel 1989, con il crollo del muro di Berlino e del comunismo: uno stato che raccoglieva - calcisticamente parlando - il meglio di Serbia, Montenegro, Macedonia, Croazia, Bosnia e Slovenia. Da quel punto in poi, il destino sportivo della terra di Belgrado fu sempre incerto, così come quello politico, ben più importante. Tuttavia, con quell'evento, ebbe fine la storia di una nazionale tre volte medaglia d'oro alle Olimpiadi, due volte vice-campione agli Europei e quarta al Mondiale del 1962. A quel punto, la Jugoslavia - a causa della guerra presente dentro la nazione - fu bandita dalla FIFA per ben due anni (per caso, il suo posto ad Euro 1992 andò alla Danimarca, poi vincitrice del torneo); lo stato post-comunista raccoglieva gli attuali stati di Serbia e Montenegro, essendo una repubblica federale.
Riaccolta dalla federazione del calcio internazionale, la Jugoslavia partecipò ai Mondiali del 1998 ed agli Europei del 2000 In quest'epoca, questo movimento calcistico ha lanciato numerosi giocatori, consacratasi poi a livello europeo: Mijatovic, Jugovic, Savicevic, Stojkovic, lo stesso Mihajlovic ed il centrocampista dell'Inter Stankovic, arrivato in Italia proprio dopo i Mondiali del 1998. Dal 2003, invece, la nazione venne rinominata "Serbia e Montenegro", vista la trasformazione da repubblica federale a confederazione di stati; allo stesso modo si trasformò la nazionale, che riuscì a qualificarsi per i Mondiali del 2006, giocati in Germania. A un mese dalla competizione, accadde l'incredibile: nel maggio di quell'anno, il Montenegro votò "sì" al referendum per staccarsi dalla Serbia, rendendo così la nazione ulteriormente spaccata prima del Mondiale. Un esempio pratico: Mirko Vucinic, allora giocatore del Lecce, fu convocato per quel Mondiale, ma dovette rinunciare per un infortunio. Lui fu uno dei due unici giocatori nati in Montenegro convocati in quella competizione dalla nazionale, che poi uscì miseramente al primo turno, dopo tre sconfitte nel girone.
Insomma, un paese complesso, attraversato da tante trasformazioni: non per nulla, il giocatore più rappresentativo è Savo Milosevic, giocatore con più presenze (insieme a Stankovic) e con più gol realizzati in nazionale. Qualcuno se lo ricorderà per un breve ed inglorioso passaggio a Parma; eppure, Milosevic ha giocato tutte le massime competizioni a cui ha partecipato prima la Jugoslavia e poi la Serbia fino al 2006. Un uomo che ha vissuto tre nazionali diverse, tanto per rendere l'idea.

Dragan Stojkovic, 47 anni, qui capitano della Jugoslavia nel Mondiale del 1998.

Separatasi anche dal Montenegro, la Serbia non sta attraversando anni gloriosi dal punto di vista calcistico. La nazionale fatica e gli insuccessi si vedono partendo dai club: da quando la Serbia è rimasta da sola, ovvero dal 2006, solo una volta - con il Partizan - il calcio serbo è arrivato ai gironi di Champions League, nel 2010/2011; un risultato povero, visto che il club di Belgrado chiuse con sei sconfitte in sei gare. Si potrebbe dire che i talenti vengono portati via presto, come potrebbe accadere in futuro per il giovane Lazar Markovic, ma non basta come spiegazione. La nazionale non ha fatto di meglio in questi anni.
Prendiamo il Mondiale 2010: la Serbia vince il suo girone di qualificazione, battendo anche la Francia, e si presenta in Sudafrica con uno squadrone. Così recita la formazione-tipo: Stojkovic; Ivanovic, Vidic, Subotic, Kolarov; Kuzmanovic; Jovanovic, Stankovic, Ninkovic, Krasic; Zigic. Insomma, i ragazzi di Antic potrebbero essere la sorpresa del Mondiale, visto anche un girone fattibile: c'è la Germania, il Ghana e l'Australia. Nonostante ciò, la Serbia riesce a perdere contro Ghana e Australia, mentre vince contro i teutonici. Se il trionfo contro i "panzer" è caratterizzato da un rigore parato ed un uomo in meno, incredibile è cosa accade nella gara contro gli "Aussies": nonostante il dominio del primo tempo, i serbi sprecano maree di occasioni e buttano la qualificazione agli ottavi, quando gli bastava solo un punto.
Il copione si ripete nel girone di qualificazione agli Europei: inserita nel gruppo con Italia, Estonia, Irlanda del Nord, Slovenia e Far Oer, i serbi non possono battere la regolare Italia di Prandelli. Tuttavia, i balcanici riescono a mancare anche il secondo posto, valido per i play-off, lasciandolo incredibilmente all'Estonia. Mancato l'appuntamento continentale, la Serbia si è ritrovata con Mihajlovic C.T., mentre Stankovic e Vidic hanno abbandonato la nazionale. Il girone di qualificazione al Mondiale è tremendo: Belgio e Croazia sono due squadre diverse, ma ben più concrete e solide dei serbi. I risultati si sono visti subito: umiliazione in casa contro il Belgio, sconfitta in Macedonia ed il 2-0 subito in Croazia. Ora il Mondiale è lontanissimo, visti i nove punti di distanza a quattro partite dalla fine del girone: il doppio impegno contro Belgio e Croazia sarà decisivo quanto disperato. Tutto questo accade mentre il Montenegro, staccatosi dalla Serbia, riesce a centrare i play-off per l'ultimo Europeo e guida tuttora il suo girone di qualificazione, nonostante abbia l'Inghilterra nel suo raggruppamento.
Purtroppo, la Serbia è così, sin da quando si chiamava Jugoslavia: una squadra piena di talento, capace di incantare, ma sopratutto di far arrabbiare i suoi tifosi, già caldi di loro (vedi caso Ivan Bogdanovic a Genova). Adesso il registro sembra dover cambiare: in realtà, è più difficile di quanto si pensi. Non si può sistemare quel che non è cambiato per anni; il consiglio per Mihajlovic è di aggiornare il curriculum, in vista di una nuova sfida. La Serbia, purtroppo, sembra lontana dal Brasile: un paradosso, se si pensa che è il paese più vicino ai balcanici per il tipo di calcio praticato...

Dejan Stankovic, 33 anni, qui all'ultimo Mondiale con la maglia della Serbia.

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