4.7.12

Gracias por todo.

Non c'è più nulla da dire: neanche la storia può contraddirli. Le Furie Rosse, il modello di calcio che tutti sognano, sono ormai nella leggenda: conquistando il secondo titolo europeo consecutivo nella finale di Kiev, essi realizzano il triplete di trionfi consecutivi, quello che solo la Germania Ovest aveva sfiorato. Infatti, i tedeschi lo avevano avvicinato con le vittorie dell'Europeo 1972 e del Mondiale casalingo del 1974, perdendo però nella finale dell'Europeo 1976 contro la Cecoslovacchia, solo ai calci di rigore.
Casillas e soci sono riusciti a fare di meglio: la storia li ha messi di fronte all'ennesimo record da battere e loro non hanno tradito. Anzi, hanno divertito e fatto ciò che meglio sanno fare: dominare l'avversario. Certo, ci sono diverse scusanti per l'Italia: la condizione fisica era ai minimi termini, molti giocatori-chiave non erano in forma e si era già fatto il massimo, facendo fuori la Germania. Ma la Spagna ha mostrato al mondo il perché è stato un modello da seguire negli ultimi quattro anni. E perché, probabilmente, lo sarà per chiunque aprirà un almanacco sul calcio nei prossimi anni.

E' un modello che nasce da lontano. E nasce dalle delusioni che il calcio spagnolo ha ricevuto per molti anni, nonostante abbia due squadre di club (Barcellona e Real Madrid) capaci di segnare la storia del calcio in modo indelebile. Ma, a livello di nazionale, è sempre mancato qualcosa. Non certo nei campioni, sempre presenti: dai vecchi Zamora, Gento, Luis Suarez ed i naturalizzati Puskas e Di Stefano agli assi degli anni '80 Santillana, Camacho, Michel e Butragueno; dai grandi Hierro, Zubizarreta, Guardiola e Luis Enrique ai più recenti componenti della nazionale, tra le stelle Raul, Morientes e le meteore (almeno con la maglia roja) Mendieta, Luis Garcia, Diego Tristan. Insomma, con la Spagna il giochino era sempre lo stesso (ancora valido con l'Inghilterra): ti chiedevi se sarebbero mai arrivati in fondo a qualche competizione e puntualmente rimanevi deluso dalle Furie Rosse, che spesso uscivano ai quarti dell'Europeo o agli ottavi di un Mondiale. Anzi, negli ultimi anni, era andata anche peggio: al Mondiale del 1998, la Spagna uscì nel girone con Nigeria, Paraguay e Bulgaria; all'Europeo del 2004, stessa fine nel girone con Grecia, Portogallo e Russia. Non sembrava facile per i spagnoli uscire da questa sorta di maledizione, per altro inspiegabile, dato che i giocatori convocati rendevano ottimamente nei club per poi sparire in nazionale.

Ribery, 29 anni, festeggia di fronte agli spagnoli negli ottavi del 2006: finirà 3-1 per i francesi.


Quando è cominciata quest'epopea? Quando è diventata realtà o, perlomeno, immaginazione possibile la figura di Casillas alzare un trofeo? Forse quel momento va identificato nell'arrivo di Luis Aragonés. Anzi, viene da aggiungere che sia il momento fondamentale: già, perché la nazionale spagnola è reduce dall'ennesima competizione vissuta da incompleti. Sul bilancio complessivo del Mondiale del 2006, pesano le contraddizioni mostrate nel torneo: 9 punti nel girone, con tre vittorie su tre; ma, al momento del salto di qualità, gli spagnoli perdono 3-1 con la Francia e salutano il Mondiale agli ottavi. Qui s'inserisce quello stratega che corrisponde al nome di Aragonés: è il C.T. della Spagna durante quel Mondiale e si rende conto che c'è bisogno di cambiare qualcosa. La Spagna ha fatto vedere qualcosa di quello che sarà il futuro modello delle Furie Rosse, ma è mancata nel momento decisivo.
Così Aragonés si mette al lavoro e trova le soluzioni giuste, da quel vecchio volpone della panchina che è: il C.T. spagnolo capisce che la squadra non è in grado di giocare con i muscoli contro squadre ben più dotate di quella iberica e decide di cambiare lo schema in campo ed il modo di giocare. La squadra, con l'aiuto dell'allenatore, comincia a sviluppare una versione 1.0 del famoso "tiki-taka", attraverso un forte possesso palla, molti passaggi corti e la capacità di tenere il pallone, avendo così in mano il pallino del gioco. Termine brevettato durante un match del Mondiale del 2006, Spagna-Tunisia, da un telecronista spagnolo. E, a mio modo di vedere, proprio qui stanno i grandi meriti di Aragonés: crea una nazionale che sarà la base dal quale partirà il modello spagnolo, poi sviluppato sia nei club (l'esempio è il Barcellona di Guardiola) che continuato in nazionale (con le Furie Rosse che perfezioneranno tale stile di gioco). Il risultato è che il "tiki-taka" teorizzato dal C.T. spagnolo viene addirittura una versione 2.0 del "calcio totale" olandese, con tanti tratti che ricordano il Barcellona curato da Johan Cruyff a cavallo tra gli anni '80 e '90.

Luis Aragonés, 73 anni: è stato lui l'artefice del modello spagnolo con Euro 2008.


I risultati sono presto visibili: nel gruppo di qualificazione al successivo Europeo in Austria e Svizzera, la Spagna domina il girone, mostrando anche un calcio spettacolare. Non mancano i passaggi a vuoto - come una clamorosa sconfitta nell'Irlanda del Nord - ma si può tutto aggiustare in vista dell'Europeo. Dove la Spagna non sbaglia una partita: nel girone con Svezia, Russia ed i campioni uscenti della Grecia, arrivano i "soliti" 9 punti, che fanno pensare alla solita illusione. Ma stavolta non sarà così: la Spagna soffre ai quarti con l'Italia (che schiera addirittura Cassano a limitare Sergio Ramos e le sue discese), ma passa ai rigori. In semifinale, contro la Russia, sconfigge gli avversari-rivelazione del torneo con una semplicità disarmante, vincendo per 3-0.
Arrivati alla finale contro i tenaci tedeschi del nuovo corso Loew, i ragazzi di Aragonés riescono finalmente ad essere concentrati nel momento decisivo: il "tiki-taka" non funziona come solito, ma il gol di Torres a metà del primo tempo permette alla Spagna di gestire abilmente il vantaggio e così arriva il secondo titolo europeo della loro storia. Inutile dire che Aragonés ha un gran merito nell'aver rilanciato la nazionale iberica: il suo 4-2-3-1 ha permesso alla Spagna di tornare a vincere qualcosa.

Fernando Torres, 28 anni, ha appena segnato il gol decisivo in finale contro la Germania.


Ma Luis Aragonés ha deciso che la sua avventura come C.T. della nazionale spagnola finirà con quel trionfo. Fortunatamente per le Furie Rosse, in Federazione hanno capito che la dinastia vincente può proseguire con il giusto tecnico: chi meglio di Vicente Del Bosque? L'ex tecnico di Real Madrid e Besiktas ha il curriculum giusto e la dose necessaria di "locura" per portare avanti il progetto: infatti, ha vinto con i Blancos due Liga, due Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Europea ed una Supercoppa di Spagna. Mica male.
Oltretutto, Del Bosque - durante il suo periodo al Real - aveva il coraggio di schierare insieme Zidane, Raul, Morientes e Guti. Perciò, spazio all'ex Real, a cui era già stata proposta la panchina della Spagna nel 2004, dopo il disastroso Europeo in Portogallo: all'epoca rifiutò perché non interessato. Stavolta, accetta con grande piacere.
Durante la fase di qualificazione al Mondiale del 2010 in Sudafrica, il C.T. batte numerosi record: è il primo a vincere dieci partite dal suo debutto su una panchina in ambito internazionale, spezzando il record di Joao Saldanha, C.T. brasiliano del 1969, fermatosi a nove. Inoltre, durante la Confederations Cup 2009, la Spagna ottiene il record della maggiore striscia positiva sia di vittorie (15) che di risultati utili consecutivi (35): la sconfitta in semifinale contro gli Stati Uniti interrompe momentaneamente il momento magico, ma l'idillio è ormai in atto.

Vicente Del Bosque, 61 anni: con lui, la Spagna sarà ancora più forte.


La Spagna dimostra una concretezza mai vista al Mondiale sudafricano: la squadra iberica è in grado sia di giocare un calcio spettacolare, ma al tempo stesso di mantenere il controllo delle operazioni senza alcun sforzo, facendo girare a vuoto l'avversario. Il possesso palla si esaspera, ma i risultati arrivano, seppur con le dovute difficoltà: l'1-0 subito dalla Svizzera nell'apertura del girone H sorprende tutti. La Spagna si qualifica poi con due vittorie contro Cile e Honduras, ma sopratutto strapazza la concorrenza nella fase ad eliminazione diretta, battendo per 1-0 il Portogallo agli ottavi, il Paraguay ai quarti e la Germania in semifinale. In finale, il punteggio è lo stesso contro l'Olanda, con il gol ai supplementari di Andres Iniesta, che rende la Spagna - per la prima volta nella sua storia - campione del mondo.
Ci sono anche altri record a stupire per la concretezza dimostrata da Del Bosque e soci: con otto gol fatti e due incassati, la Spagna diventa la squadra ad aver vinto la Coppa del Mondo con il minor numero di gol sia realizzati che subiti nella storia della competizione; è la prima squadra a vincere la Coppa del Mondo dopo aver perso la partita d'apertura; è la sola squadra a non aver concesso gol nelle ultime quattro gare del torneo; infine, è l'unica squadra europea ad aver vinto la Coppa del Mondo al di fuori del vecchio continente. Praticamente storici.

Andres Iniesta, 28 anni: è lui il match-winner della finale dei Mondiali 2010.


In questo quadro, si cerca così la gloria, con l'obiettivo dichiarato di vincere l'Europeo 2012 in Ucraina e Polonia e riuscire dove ha fallito la Germania Ovest tra il 1972 ed il 1976: vincere tre importanti competizioni internazionali di seguito. La modifica al modulo, passato dal 4-2-3-1 ad un 4-3-3, non cambia il rendimento spagnolo, con la nazionale che si qualifica con il rendimento del 100% durante il gruppo di qualificazione agli Europei.
L'ultimo tocco è di Del Bosque: oltre al cambio di modulo, la Spagna gioca a volte senza un vero centravanti, di cui era necessaria la presenza dentro il 4-2-3-1, ma non nel 4-3-3, con Fabregas nel ruolo di prima punta. Un esperimento già portato avanti e riuscito discretamente in quel di Barcellona.
Il resto è storia recente: l'esperimento riesce e la Spagna fa un Europeo non spettacolare, ma di certo da squadra concreta e (sostanzialmente) imbattibile. Il girone con Italia, Croazia ed Irlanda è passato senza troppi patemi; i quarti con la timida Francia di Blanc sono una formalità; la semifinale con il Portogallo viene risolta solo dai rigori in favore degli spagnoli.
La Spagna fa la storia in finale: tutto il gioco di passaggi che puntano ad esasperare l'avversario viene spazzato via da un modo di giocare molto più veloce, più attento alla finalizzazione ed alla verticalizzazione. Ne sono dimostrazione tutti e quattro i gol, esempi straordinari di passaggi filtranti: in ognuna delle marcature, vi è il genio di qualche singolo che apre la strada alla fantasia dell'altro. I gol di Silva, Jordi Alba, Torres e Mata segnano il 4-0 finale ed il trionfo "senza se e senza ma".

Jordi Alba, 23 anni: una delle rivelazioni di Euro 2012, in gol in finale.


Viene da chiedersi se Del Bosque non possa essere considerato "il più grande", dato ciò che ha realizzato.
Viene da domandarsi se qualcuno potrà mai fare meglio di una nazionale del genere e se la Spagna potrà dare ancora di più nel Mondiale brasiliano del 2014.
Viene da immaginarsi ragazzini del futuro piangere perché vedranno i video di questa generazione di campioni e si diranno tristi: "E pensare che noi non li abbiamo mai visti giocare..".
Intanto, gracias por todo, Furie Rosse. Io mi godrò quegli anni di splendido calcio che avete ancora da regalarci; il calcio rimarrà, invece, colorato dalle vostre magie.

Iker Casillas, 31 anni, alza il trofeo di Euro 2012 con la sua squadra.

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